andalucia | Mosaico Flamenco https://mosaicoflamenco.com Il portale italiano della cultura del flamenco Mon, 30 Jul 2018 16:39:44 +0000 it-IT hourly 1 La terra del Flamenco https://mosaicoflamenco.com/la-terra-del-flamenco/ Mon, 30 Jul 2018 16:39:44 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=270 Andalucia   Almería Per molti secoli, questa provincia dal paesaggio brullo e dai sistemi montuosi aridi interrotti da piane rocciose fu considerata “el culo de España”. Solamente a partire dagli anni sessanta, grazie al...

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Andalucia

 

Almería

Per molti secoli, questa provincia dal paesaggio brullo e dai sistemi montuosi aridi interrotti da piane rocciose fu considerata “el culo de España”. Solamente a partire dagli anni sessanta, grazie al numero sempre più elevato di turisti e a coltivazioni estensive, il quadro generale ha iniziato a mutare. Fu infatti in quell’epoca che vennero costruiti numerosi villaggi turistici, mentre per le coltivazioni si utilizzarono metodi più moderni tanto che spesso i tratti di costa ci appaiono nascosti sotto teli di plastica, dove giungono a maturazione  frutta e verdura che negli ultimi anni hanno invaso il mercato europeo.
Il capoluogo della provincia, di scarso interesse culturale, viene per lo più visto come stazione di transito. Ma la prima impressione è quanto mai sbagliata e ingannevole, poiché Almería è una delle città più antiche d’Europa e vanta uno splendido passato. Molto prima infatti che Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani sfruttassero il Portus Magnus -il golfo di Almería-, qui si svilupparono culture preistoriche che hanno dato il proprio nome a intere epoche; come l’insediamento di Los Millares, dove più di 4000 anni fa si lavorava già il metallo. I ricchi giacimenti minerari furono alla base dello sviluppo dell’insediamento di El Agrar, sulle rive dell’Antas, risalente all’Età del Bronzo. Il periodo di massimo splendore della città risale comunque al X secolo, sotto il Califfato di Córdoba. In origine al-Mariya era un piccolo insediamento intorno alla torre di guardia, la cui importanza, peraltro scarsa, si basava sul fatto di essere a difesa del porto di Bayyana, l’attuale Pechina, che nel IX secolo era una potenza marittima prospera e indipendente. Abd-ar-Rahman III elesse invece la città, il cui nome significa “specchio del mare”, a capitale del distretto. Dopo la caduta dell’impero Omayyade Almería divenne nell’XI secolo la sede di uno tra i più potenti regni taifa di tutta l’Andalusia, al quale in fasi diverse appartennero anche Córdoba, Murcia, Jaén e parti di Granada. Seppur per breve tempo, pare anche che fu tra i più vivaci nodi commerciali di tutta la Spagna. Dalla metà del XIII secolo Almería fu inglobata nel regno dei Nasridi di Granada fino a quando, senza combattere, si consegnò ai re cattolici. In questo modo le vennero risparmiati saccheggi e distruzioni, ma il 22 settembre 1522 fu colpita da un gravissimo terremoto, che ridusse in cenere interi quartieri. A questo ne seguirono altri nel XVI e nel XVII secolo, che portarono nuove distruzioni che decimarono la popolazione. tanto che Almería per secoli ebbe a soffrire di uno stato di estrema povertà.
Solo con l’edificazione di un nuovo porto, nel 1847, si ebbe un certo miglioramento economico, che spiega anche il volto decisamente moderno della città. Solamente le stradine tortuose nella parte vecchia ricordano il suo splendido passato moresco.

 

Cádiz 

Sin dalle origini, la provincia di Cadice ha avuto un ruolo di primo piano nella storia dell’intera penisola iberica grazie alla sua straordinaria posizione goegrafica. Al confine tra atlantico e mediterraneo questa regione si slancia in mare formando un triangolo appuntito, vera e propria testa di ponte verso l’africa, esattamente dove Eracle avrebbe eretto le proprie colonne: il monte Moussa, per gli africani e la rocca di Gibilterra per gli europei. Qui, secondo Platone, si trovava il leggendario regno di Atlantide, che forse è da ricollegare all’antico regno di Tartesso, alla foce del Guadalquivir. Intorno al 1100 a.c. i Fenici fondarono su uno sperone roccioso sul mare Gadir, l’odierna Cadice, la città più antica d’Europa. Gadir fu poi conquistata dai Romani, che la ribattezzarono Gades, e divenne la prima città dedita al commercio marittimo dell’impero, da dove partivano per Roma argento e rame, vino e lana. Gades possedeva il monopolio per il pesce sotto sale ed era nota per un particolare articolo da esportazione, le graziose “puellae Gaditanae” molto richieste dai Romani come ballerine durante le feste. Secoli dopo, la città avrebbe conosciuto una nuova età dell’oro, quando tolse nel 1717 a Siviglia il monopolio per i commerci d’Oltremare. Cadice entra nella storia anche per essere stata a lungo un vero e proprio faro per tutti i liberali, poiché fu proprio qui, nel 1812, che venne emanata la prima costituzione liberale d’Europa durante la guerra di liberazione spagnola. Ma sono ancora molti gli episodi che hanno fatto entrare Cadice nella storia: a Tarifa iniziò infatti l’invasione dei conquistatori mori, che nel 710 sbarcarono per la prima volta nella città più meridionale della Spagna; da allora la città reca il nome del comandante berbero Tarif. Da Sanlúcar de Barrameda Colombo partì nel 1498 per la terza delle sue esplorazioni, mentre Magellano da qui iniziò la sua circumnavigazione. Dai tempi della guerra di successione spagnola, un piccolo lembo inglese si è insediato a Gibilterra, e a Capo Trafalgar Lord Nelson ottenne nel 1805 la
sua più celebre vittoria. Ma accanto a tanta storia, Cadice ha molto da offrire anche da un punto di vista paesaggistico: la celebre zona di produzione vinicola tra Jerez, Sanlúcar de Barrameda ed El Puerto de Santa María. ma anche i giganteschi pascoli da Medína Sidonia fino a Jimena de la Frontera, il parco naturale di Sierra de Grazalema, con una ricchissima varietà di flora, e i pittoreschi pueblos blancos, i villaggi bianchi del triangolo Cadice-Tarifa-Ronda, che si stagliano candidi contro lo sfondo scuro delle catene montuose.

La Provincia di Córdoba

Ai piedi della Sierra Morena, divisa in due parti dal corso del Guadalquivir, si estende la provincia di Córdoba: il fiume separa la zona montuosa, a nord, dalla Campiña, a sud, che è una zona collinare con campi fertili. Fulcro della regione è il suo capoluogo, un tempo celebre come residenza del califfato e meccca delle scienze, vera e propria metropoli dell’lslam accanto a Baghdad. La poetessa tedesca Roswitha von Gandersheim lodò nel X secolo come “ornamento del mondo” la città di Córdoba, il cui centro era all’epoca formato dalla Medina con la grande moschea. Ancor oggi, passeggiando nel centro storico, si può percepire l’importanza della vivace città moresca, anche se di primo acchito, con i suoi circa trecentomila abitanti, potrebbe sembrare provinciale al cospetto delle altre celebri città andaluse, Siviglia e Granada.
Del passato glorioso non si è conservato molto, ma i pochi resti sono straordinariamente importanti e unici in tutto il panorama europeo.

La storia di Córdoba inizia con i Fenici, sotto il cui dominio la città avrebbe assunto una grande importanza economica. All’incirca a partire dal 200 a.C. passò sotto il dominio romano, e con Augusto Córdoba venne nominata capoluogo della provincia romana della Baetica, fino a quando fu soppiantata da Hispalis (Siviglia), nel IV secolo. Qui nacquero celebri poeti e filosofi romani, come Seneca e Lucano. Dopo essere stata conquistata dai Visigoti, nel VI secolo, la città divenne sede vescovile, ma il suo vero periodo di fioritura iniziò quando Abd ar-Rahman la tramutò nella capitale del suo emirato, nel 756. Non solo fece portare a Córdoba melograni e palme da dattero, ma pose anche la prima pietra per lo splendido sviluppo dell’architettura e dell’arte araba. Sotto ar-Rahman ed i suoi successori si avviò un’intensa attività edilizia, grazie alla quale la città divenne un centro di rappresentanza durante il regno degli omayyadi. Con Abd ar-Rahman III Córdoba divenne la città più importante del Mediterraneo, con più di 300 moschee, 300 bagni pubblici, 50 ospedali, 80 scuole e 20 biblioteche pubbliche, 17 scuole superiori. Purtroppo, la caduta del califfato portò con se anche il crollo della metropoli: già nel 1013 alcune truppe berbere fanatiche distrussero la sfarzosa città reale di Medina az-Zahara, e nel 1031 Córdoba divenne la sede di uno dei numerosi regni Taifa. Nel XII secolo visse ancora un periodo di fioritura spirituale, i filosofi Maimonide e Averroé sono sicuramente i più celebri rappresentanti di quest’epoca, fino a quando nel 1236, con Ferdinando III, in città entrò un reggente cristiano. Con la riconquista della città, si avviò una massiccia immigrazione dal Nord castigliano, e Córdoba divenne un importante centro per il commercio di sete e tessuti di cotone. Ma la cacciata delle popolazioni more ed ebree, la crisi economica del XVI secolo, l’epidemia di peste e le rivolte del XVII secolo offuscarono lo splendore originario.

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Granada

“Chi non ha visto Granada, non ha visto nulla”: così recita un noto detto spagnolo. E in effetti il capoluogo dominato dall’Alhambra, uno dei più visitati edifici al mondo, caratterizza l’intero aspetto di questa provincia andalusa come nessun altro. In realtà, anche il territorio circostante ha il suo fascino: la Sierra Nevada con le cime imbiancate, che in vaste aree è stata proclamata riserva naturale, consente memorabili escursioni. Nelle propaggini meridionali della Sierra si fonde il fertile territorio montano delle Alpujarras, che fu l’ultimo rifugio dei Mori scacciati da Granada. La Costa tropical, il tratto più orientale della Costa del Sol, dove crescono frutti esotici come la papaia e l’avocado, ha conservato ancor oggi una parte della sua eredità moresca. Sì, anche qui il turismo ha imposto il proprio tributo, ma a paragone della parte occidentale della Costa del Sol qui si trovano ancora località dimenticate dal turismo di massa, dove sono per lo più i locali a soggiornarvi per le vacanze. Altra meta d’escursione è Guadix, una cittadina posta sull’antica Via Augusta, dove quasi un quinto della popolazione abita in grotte intonacate.
La bellezza e la grazia di Granada sono state lodate spesso: e in effetti molto alte sono anche le attese di chi vi giunge, attese tuttavia all’arrivo smorzate dal triste impatto con i casermoni della periferia. La prima impressione è in linea di massima
deludente: Granada è rumorosa, la qualità dell’aria è pessima, le strade sono intasate… ci vuole tempo per comprendere la descrizione sicuramente più azzeccata di questo luogo: “Quando per le strade di Granada incontri un cieco che chiede l’elemosina, dagliene il doppio, perché è ancor più triste non poter vedere tutta questa bellezza”. Posta ai margini della fertile Vega del Rio Geníl, il cui affluente Darro spartisce i due colli del Sacromonte e dell’Albaicín dall’Alhambra, Granada non si schiude al primo incontro. Solo lentamente si possono percepire le numerose bellezze della città: si viene ripagati anche solamente dalla incomparabile vista dei singoli quartieri residenziali circondati dai colli e dai monti della Sierra Nevada sullo sfondo, che muta continuamente, di ora in ora, di stagione in stagione.
Oggigiorno Granada non è solamente un centro turistico, ma una moderna città universitaria ed il centro intellettuale più vivace dell’intera Andalusia. L’università, fondata nel 1531 da Carlo V, i cui edifici si trovano nel centro cittadino, è la terza per importanza di tutta la Spagna. Ma Granada è soprattutto forgiata dal suo passato moresco. Qui infatti, a differenza di quanto avvenne nella maggior parte delle città andaluse, Iberici, Romani e Visigoti ebbero un ruolo solo secondario. Quando i Berberi giunsero nel 711 al Rio Darro, si imbatterono in una comunità giudaica di nome Garnatha Alyehud, da cui potrebbe derivare il nome della città. Ma forse la sua denominazione va ricondotta alla particolare disposizione delle case, così strette l’una all’altra da ricordare i chicchi di una melagrana. Solamente nell’Xl secolo iI piccolo insediamento divenne una città di una qualche importanza. Dopo la caduta del califfato, la dinastia berbera degli Ziridi vi fondò un regno Taifa; risale all’epoca la costruzione di una prima residenza sul colle più alto della città. Nei centocinquanta anni che seguirono, Granada fu coinvolta nelle guerre che videro contrapposti Almoravidi e Almohadi. Nel 1227 venne fatto un ulteriore ampliamento, in quanto qui, per la precisione sull’Albaicín, trovarono rifugio i Mori sfuggiti alla conquista di Baeza da parte di Ferdinando III. L’anno 1238 segna il punto di svolta nella storia cittadina: mentre i cristiani conquistavano uno dopo l’altro i piccoli regni Taifa andalusi, il Nasride Muhammad I si ribellò alla potenza cristiana. Nel 1237 entrò in Granada e soltanto un anno dopo poté annettere al proprio regno anche Almería e Málaga. Come capitale fu scelta Granada. Il Nasride possedeva sicuramente abilità politica: non solo mantenne quindi ottimi rapporti con i principi berberi dell’Africa settentrionale, ma riconobbe anche la sovranità di Castiglia, impegnandosi al versamento regolare di tributi e forze militari. Quale controparte gli fu promessa un’area che più o meno corrisponde alle attuali province di Granada, Almería e Málaga. Combatté persino nella fazione cristiana contro i propri fratelli di culto e probabilmente prese parte nel 1248 alla conquista di Siviglia. Quando, dopo la caduta della città, al ritorno a Granada fu accolto da ovazioni e grida di gioia, si limitò a rispondere: “Non c’è altro vincitore al di fuori di Allah” questo sarebbe da quel momento diventato il motto della dinastia nasride.
Il loro potere durò per ben 250 anni, durante i quali Granada visse un periodo di grande prosperità economica, presumibilmente l’ultimo momento di grandiosa fioritura dell’arte e della cultura islamica in territorio spagnolo. Un ingegnoso sistema di irrigazione favoriva l’agricoltura, le miniere davano oro, argento e rame, l’industria della seta stava prendendo piede, l’artigianato era fiorente e numerosi mercanti cristiani e musulmani avevano dato vita a un commercio vivace. Ben presto divenne il rifugio prediletto di quei Mori che erano stati scacciati dalle proprie case, tanto che il numero della popolazione raggiunse in breve tempo le quattrocentomila unità. La città poteva inoltre contare su scuole e ospedali, una zecca e l’università, e sul colle più elevato, dietro l’Alcazaba, venne costruita una delle residenze più ricche e sfarzose del mondo occidentale.
Nel corso del xv secolo l’accordo con i re cristiani ebbe fine. Attraverso l’unificazione di Castiglia e Aragona, nel 1469, si raggiunse nella fazione cristiana una nuova unità. Quando Muley Abu Hassan, padre dell’ultimo signore, Boabdil, si rifiutò nel 1478 di pagare il tributo ai re cattolici, e nel 1481 cadde Azahara, città di confine, iniziò la più che decennale conquista dell’ultimo bastione moresco in terra di Spagna. Battaglia dopo battaglia, marcia dopo marcia i cristiani conquistarono città e villaggi del regno nasride, fino a quando Boabdil fu costretto a cedere, senza ingaggiar battaglia, l’assediata Granada. Era il 2 gennaio del 1492. All’inizio, nel trattato di capitolazione venne garantito ai musulmani di mantenere la lingua, la libertà di culto e la propria giurisdizione. Ormai Ferdinando e Isabella avevano coronato il proprio sogno: la Spagna era unificata politicamente. Granada venne arricchita da importanti edifici di rappresentanza che celebravano la Reconquista. Ma ben presto le promesse fatte non furono più mantenute. Usi e costumi musulmani furono vietati, la popolazione mora privata del diritto di voto e costretta a battezzarsi, altrimenti avrebbe dovuto abbandonare il paese. In seguito i Moriscos, come vennero chiamati i Mori che, seppur quasi esclusivamente per motivi di apparenza, si erano convertiti al cattolicesimo, organizzarono delle rivolte, fino a quando Filippo II, nel 1609, ordinò che venissero cacciati promulgando un editto reale. Così agricoltura, artigianato e commercio declinarono e Granada perse di colpo gran parte dello sviluppo. Dovevano passare almeno due secoli, prima che Washington Irving pubblicasse nel 1832 i suoi racconti di viaggio spagnoli nella raccolta “L’Alhambra” e i pittori romantici scoprissero il motivo orientaleggiante della celebre Rocca Rossa facendo così risvegliare l’interesse pubblico per l’Alhambra.

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Jaén

“Campi, nient’altro che campi e tra gli ulivi, villaggi bianchi”, così il poeta spagnolo Antonio Machado (1875-1939) descrive la provincia che in toni estasiati definì “Jaén argentea”. E in effetti ovunque qui ci si imbatte in uliveti che si stendono come rete verdastra fin sulle sommità di colli rossi o bianchi, donando alla luce del sole un riverbero argenteo. Solo pochi luoghi, come per esempio le belle cittadine rinascimentali di Ubeda e Baeza o il capoluogo Jaén riescono a interrompere quest’immagine generale e fanno intuire che la regione, dalle scarse infrastrutture, dipende da un punto di vista economico quasi esclusivamente dalla coltura dell’ulivo. Solamente la parte orientale interrompe questa monotonia, perché nella regione sorgentifera del Guadalquivir e del Rio Segura si trova il più vasto parco nazionale: la Sierra de Cazorla e la Sierra de Segura sono infatti, grazie alla eccezionale varietà di specie vegetali e alle numerose specie animali, tra le mete turistiche più consigliate. Ma nonostante l’entusiasmo che la provincia suscita in molti turisti, il capoluogo è da secoli ormai solo un luogo di passaggio, dove pochi visitatori si perdono: come ai tempi dei Mori, che diedero al luogo il nome di Giyen o Geen (strada carovaniera), attualmente si trova nel punto di incontro di molte vie di traffico, che dal Nord raggiungono la costa. Già i Cartaginesi, che per via delle miniere d’argento avevano definito la località Aurigii, avevano riconosciuto la posizione strategica di Jaén. Sotto i Romani fu innalzata al rango di città con il nome di Flavia, e dopo la caduta del califfato divenne la capitale di uno dei numerosi regni Taifa. La posizione strategica, di nuovo, la tramutò nello scenario di alcune tra le battaglie più cruente ai tempi della Reconquista: il passo Desfiladero de Despeñaperros (valico dei cani che precipitano) divenne celebre come passaggio ingegnoso dalla Castiglia all’Andalusia, poiché in questo luogo che pareva invalicabile un pastore avrebbe mostrato alle truppe di Alfonso VIII un sentiero nascosto, che consentiva un facile passaggio in Andalusia. In questo modo, dopo la sua vittoria sugli Almohadi nel 1212 presso Navas de Tolosa, Alfonso VIII poté iniziare la sua campagna di riconquista contro i Mori. Altre battaglie furono combattute vicino al passo, e nel 1808 presso Bailén furono annientate le truppe di Napoleone. Ma Jaén, che nel 1246 venne espugnata da Ferdinando III, ebbe ancora per breve tempo importanza come fortezza confinante nella lotta con il regno di Granada; da allora in poi iniziò a soffrire a causa di un destino avverso. Da un punto di vista culturale rappresenta ancor oggi una eccezionalità, in quanto qui il paesaggio artistico della Castiglia si imbatte in quello dell’Andalusia e viceversa.

Málaga

Probabilmente quella di Málaga è da considerarsi la provincia andalusa più frequentata dai turisti. Le spiagge della Costa del Sol, protette dai venti e dalla pioggia grazie alla cortina di catene montuose dell’entroterra, sono le maggiori artefici di tale fama. Il clima, mite durante tutto il corso dell’anno, è invece alla base della rigogliosa vegetazione subtropicale di palme e cipressi, agavi e limoni. Già alla fine del XIX secolo erano molti i turisti attirati dal luogo, ma il numero si incrementò a partire dagli anni Cinquanta del novecento. E così in breve tempo le zone lìtoranee si sono tramutate in un paesaggio di cemento che ha ricoperto tutto facendo sì che l’unico elemento di distinzione tra un posto e l’altro siano ormai i cartelli stradali. Ma lasciando la costa si percepiscono subito i lati migliori della provincia: le bizzarre formazioni calcaree dell’El Torcal, i dolmen presso Antequera.
le pitture rupestri di Cueva de la Pileta. Ronda e Antequera, cittadine ricche di storia e arte. Cuore dell’intera provincia e ovviamente  Màlaga,città dopo Siviglia di maggiori dimensioni di tutta l’Andalusia. Sin dall’antichità, infatti, Málaga, nome da far risalire alla sua origine fenicia, era dotata di un porto di grande importanza. Alla fine del II secolo a.C, sotto la dominazione romana, Malacitanum divenne il luogo di scambio commerciale più famoso per il commercio con l’Africa del Nord. Dopo un breve periodo bizantino (552-570), i Romani vennero allontanati nella II metà del VI secolo dai
Visigoti. Sotto i Mori Máilaga  acquisì sempre maggiore importanza come porto commerciale, mentre ebbe un ruolo minore sotto il Califfato. La città visse il suo momento di massimo splendore quando fu inglobata nel regno dei Nasridi di Granada, Era il 1237, e fino alla Reconquista cattolica del 1487 fu il porto più grosso della costa meridionale spagnola e quindi il nodo di raccordo principale con il Marocco. Da qui le merci venivano trasportate lungo la costa fino all’Alhambra a Granada. La notevole importanza di Málaga per l’economia andalusa perdurò anche nel XVI e nel XVII secolo, grazie agli scambi con le Americhe. Dopo il periodo di recessione nel XVIII secolo seguì un nuovo momento di fioritura grazie ad alcune famiglie di commercianti che vi si trasferirono dalla Castiglia e da altri Paesi, ed all’industrializzazione degli inizi del XIX secolo. Ancor oggi Malaga è un centro commerciale importante.

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Sevilla

Chi parla di Siviglia si riferisce di norma alla città, e in effetti il capoluogo, bello e orgoglioso, domina il paesaggio circostante, con i suoi estesi campi e i paesini. Siviglia, la più grande città e capitale andalusa, vive ancor oggi della fama di tempi passati, quando il Guadalquivir la tramutò per più di 200 anni nella porta d’ingresso al Nuovo Mondo durante l’era delle grandi scoperte, facendo di lei un fiorente centro commerciale. A Siviglia sono legati il flamenco e la Carmen, Don Giovanni e il celebre barbiere, ma anche lo stridente contrasto di passione e allegria sfrenata esemplificato da un lato dalla Semana Santa, la Settimana Santa, e dall’altro dalla Feria de Abril, alla metà di aprile, ben nota anche oltre i confini dell’Andalusia. Il capoluogo andaluso, con i suoi 700.000 abitanti, è attualmente sede del Parlamento e del Governo della Region Autonoma. Tristi quartieri periferici di recente costruzione contrastano con i bei barrios (quartieri) della città vecchia, dove ovunque si incontrano esempi artistici dei secoli passati. Il paesaggio urbano è caratterizzato da innumerevoli aranci piantati ai lati degli ampi viali, che in primavera diffondono il proprio profumo e al contempo contrastano il traffico cittadino, a tratti caotico.
Su una delle antiche porte della città è riassunta in poche parole la sua storia:
“Ercole mi edificò, Cesare mi cinse di mura e torri, il re santo mi espugnò”: queste sone le figure rappresentate nel Giraldillo, lo stemma della città.

Le origini della città sono presumibilmente da far risalire al II secolo a.c., quando gli Iberici fondarono l’insediamento di Hispalis, che fu successivamente conquistato da Fenici e Cartaginesi e durante la II guerra punica cadde in mano romana. Nel 206 a.C. Scipione l’Africano fondò nelle vicinanze Itálica, insediamento dei veterani, che attualmente è uno dei più interessanti scavi archeologici di Spagna. Altre tracce dell’insediamento romano si trovano a nord di Siviglia, a Mulva. Nel 45 a.C; durante la guerra contro Pompeo, Cesare ordinò che Hispalis fosse cinta da mura difensive, elevandola anche al rango di Colonia Iulia Romana; il suo porto assunse un ruolo di grande importanza soprattutto per l’esportazione di merci verso Roma, in modo particolare per l’olio d’oliva trasportato in anfore. Sotto i Visigoti, che conquistarono la città dopo Vandali e Suebi, nel 461, Siviglia vide il fiorire della personalità eccezionale di sant’Isídoro (556-636), celebre arcivescovo, che succedette nell’incarico a san Leandro, questi acquisì grande fama attraverso la stesura di un’opera enciclopedica sulla cultura, la religione e la filosofia antiche e cristiane, e fu il rettore della scuola di Siviglia. Nel 712 i Mori occuparono la città, ma Ischbiliya, come venne ribattezzata, rimase fino alla caduta del califfato nell’ombra di Córdoba. Solo nel 1023 divenne la splendida capitale di uno dei regni taifa dominato dagli Abbadidi. il cui re Al-Mutamid fece costruire uno dei primi palazzi sul luogo dell’odierna Alcazar. Nel 1091 divenne possedimento degli Almoravidi, fanatici religiosi, che nel 1145 furono sostituiti dagli Almohadi. All’epoca, Siviglia visse uno dei suoi periodi di massima fioritura, di cui oggi sono rimaste testimonianze nella Giralda, il minareto dell’antica moschea, e nella torre del Oro. Sulla scia della Reconquísta Ferdinando III il Cattolico espugnò nel 1248 la città dopo un assedio durato molti mesi, cacciando l’intera popolazione mora. Come il proprio figlio e successore Alfonso X il Saggio, diede a Siviglia numerosi privilegi economici; da quel momento in poi la città divenne una fedele sostenitrice del re. Per questo motivo AlfonsoX le concesse il titolo onorario di “No majeda Do” (“Non mi ha abbandonato”), ancora oggipresente sul suo stemma. Anche i successori cristiani vi soggiornavano volentieri, e Pietro I il Crudele vi fece erigere nel XIV secolo la propria residenza, l’Alcazar,assoldando operai mori. Per gli ebrei che abitavano a Siviglia iniziarono tuttavia sotto il dominio cristiano tempi molto duri. Dopo il pogrom del 1391 si ebbe qui il primo processo della Santa Inquisizione, nel 1480.
Il periodo di maggior fioritura della città corrispose alla scoperta del Nuovo Mondo. Siviglia divenne infatti sede della Casa de Contratación, l’istituto statale dedito al commercio e alla finanza, e conseguentemente unico luogo di scambi commerciali con le colonie d’oltremare. Qui, in quella che divenne una metropoli internazionale, punto d’unione tra il vecchio  ed il nuovo mondo, si insediarono imprese e uffici commerciali di tutta Europa. Dalle colonie giungevano a Siviglia, che all’epoca divenne con i suoi 150.000 abitanti la terza città del mondo occidentale per dimensioni, enormi quantità di oro e argento trasportate su galeoni. Solo nel XVII secolo la grande potenza economica iniziò a sgretolarsi: alla terribile epidemia del 1649 seguì nel 1680 lo spostamento della base navale. Nel 1717, per via del crescente insabbiamento del Guadalquivir, Siviglia dovette cedere a Cadice il monopolio commerciale con l’America. Nonostante questo declino, la città visse nel XVII secolo una grande fioritura culturale: celebri pittori e scultori vivacizzarono la vita intellettuale sivigliana, e i loro capolavori impreziosiscono ancor oggi le numerose chiese e i monasteri della città. Alcuni di questi artisti, come Diego velázquez e Francísco de Zurbaran. vennero anche chiamati alla corte reale di Madrid. A quella stessa epoca risale anche la pubblicazione del celebre romanzo Don Chisciotte scritto da Miguel de Cervantes, mentre era imprigionato nelle carceri reali di Siviglia.
Dalla profondissima crisi economica, aggravata dal terremoto del 1755, Siviglia si è potuta riprendere solo molto lentamente. Uno degli episodi più salienti di tale ripresa fu l’apertura dell’esposizione Ispano-americana del 1929. ma la dittatura di Franco paralizzò qualsiasi possibile sviluppo futuro.
Un balzo in avanti degno di nota la città lo compì comunque nel 1992, in occasione dell’Esposizione Universale che, proprio come la partenza di Colombo 500 anni prima, avrebbe dovuto caratterizzare l’inizio di un nuova epoca. In occasione dell’Expo furono infatti restaurati importanti edifici storici e le infrastrutture di tutta la regione godettero di nuovi impulsi. Ma, come per tutte le Esposizioni Universali, le aspettative erano troppo elevate.

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