Cantaores | Mosaico Flamenco https://mosaicoflamenco.com Il portale italiano della cultura del flamenco Tue, 24 Jul 2018 14:42:40 +0000 it-IT hourly 1 José Torres Garzón https://mosaicoflamenco.com/jose-torres-garzon/ Tue, 24 Jul 2018 14:38:47 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=162 José Torres Garzón, Pepe Pinto, Sevilla, 1903-1969. Sposato con La Niña de los Peines. La prima volta che cantò in pubblico fu nel ‘Café Novedades’ della sua città natale, verso il 1917, insieme ad altri due...

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José Torres Garzón, Pepe Pinto,
Sevilla, 1903-1969.

cantaores di flamenco José Torres Garzón

José Torres Garzón

Sposato con La Niña de los Peines.
La prima volta che cantò in pubblico fu nel ‘Café Novedades’ della sua città natale, verso il 1917, insieme ad altri due giovani che sarebbero divenuti anch’essi figure del cante: El Carbonerillo e Pepe Marchena.

Si dedicherà professionalemente al flamenco dal 1927, realizzando le sue prime registrazioni e tournée con gruppi di artisti. Venne contrattato dalla Niña de los Peines per uno spettacolo presso il teatro del Duque di Siviglia nel quale parteciparono anche i ballerini Rosario ed il mitico Antonio, che allora formavano una coppia che si chiamava ‘Los Chavalillos’.
Contrasse matrimonio con Pastora Pavon nel 1931 e l’anno seguente percorsero la Spagna dirigendo un gruppo di opera flamenca con la collaborazione di Pepe Marchena, nel 1935 rifecero il giro questa volta con El Sevillano e Canalejas del Puerto Real.

Dopo la parentesi della guerra civile nel 1939 continuò a girare tutta la Spagna con diversi gruppi, interviene nel 1940 ne ‘Las Calles de Cadiz’ interpretata dalla canzonettista Concha Piquer. A continuazione presenta durante varie stagioni il suo spettacolo ‘Solera de España’ in vari importanti teatri. Nel 1949 inaugura ‘España y su Cantaora’ dove riappare Pastora Pavon.
Altri dei suoi spettacoli rappresentazione della situazione spagnola degli anni cinquanta furono ‘Del corazón a los labios’, ‘Escalera de Canciones’ e ‘Así canta Andalucía’. Seguirono nuovi titoli negli anni sessanta: ‘Ronda de domingo’, ‘¡Tele y olé!’ e ‘Coplas y Toros’,  con Pastora Pavon e Juanito Valderrama nella maggior parte di loro.

Scompare il 6 di novembre del 1969, a causa di un’emorragia intestinale. Cantaor di ampio repertorio, conobbe ed interpretò i canti basici, sviluppo dei Fandangos molto personali; compaginò il tutto con canzoni afflamencate, che diventarono molto popolari tra il grande pubblico arrivando forse però ad affrire una versione troppo teatrale del flamenco.
Alcuni critici gli danno pesantemente contro, Anselmo González Climent scrive:
‘Ha abusato dell’appoggio letterario, il suo recitare stracco, inarmonioso e sopratutto extraflamenco ha svenduto ciò che veramente poteva interessare di lui.’

Altri invece cercano di contestualizzare nel momento storico le vicissitudini che hanno portato Pepe Pinto a scegliere una certa strada, Ricardo Molina scrive: Molte volte le circostanze avverse impediscono all’artista di manifestare la pienezza della sua arte.
Sono quindi in pochi a conoscere il valore immenso delle sue Malagueñas e delle sue Siguiriyas. Meno ancora coloro che sono a conoscenza della sua profonda e misteriosa conoscenza delle tecniche, dei meccanismi intimi, delle molle segrete e delle chiavi ineffabili del cante flamenco: Pepe Pinto fu uno di questi.’

cantaores di flamenco José Torres Garzón

José Torres Garzón

Manuel Ríos Ruiz: ‘Ci sono artisti che non sono destinati a compiere il proprio destino, e nel genere del flamenco Pepe Pinto è uno di costoro. Ascoltandolo all’interno dei canoni, delle leggi scritte dalla tradizione, con il suo conoscimento del cante e le sue qualità vocali, può non sembrare vero che diventò famoso con la sua perorata in versi narrativi tra una solea e un fandango. Non aveva bisogno di nessuna aggiunta per essere ascoltato dai meno iniziati, per avere comunque un gran pubblico, la sua voce melliflua e gradevole offriva la jondura del cante in un modo che sarebbe stato comunque raggiungibile a tutti.’

Non si può negare che abbia acquisito rinomanza sposandosi con Pastora Pavon, da lei e da suo cognato Tomas apprese vari stili aggitanati, ma già di per se Pepe Pinto fu un artista privilegiato: il gran numero dei suoi fandanguillos erano autentiche originalità che hanno creato uno stile all’interno di questi canti.

Secondo sue stesse dichiarazioni Pepe Pinto avrebbe voluto essere un attore, quella sua intrinseca vocazione, la voglia irrefrenabile che lo spingeva a recitare, col tempo diventò
enormemente popolare in composizioni un po’ sentimentaloidi come ‘Trigo Limpio’; ‘La chiquita piconera’ e ‘Toíto te lo consiento’, arrivando ad essere grandi successi discografici e radiofonici che hanno inevitabilmente distorto il destino di un cantaor rimasto oscurato nei suoi valori legittimamente flamenchi, valori che corrispondevano a profonde conoscenze di quest’arte.

The post José Torres Garzón first appeared on Mosaico Flamenco.]]> Tomás de Vargas Suárez https://mosaicoflamenco.com/tomas-de-vargas-suarez/ Tue, 24 Jul 2018 14:33:00 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=159 Tomás de Vargas Suárez, Tomás el Nitri Nacque presumibilmente a El Puerto de Santa María in provincia di Cádiz nel 1850, sconosciuta la data ed il luogo della sua morte. Nipote di El Fillo,...

The post Tomás de Vargas Suárez first appeared on Mosaico Flamenco.]]> Tomás de Vargas Suárez, Tomás el Nitri

Nacque presumibilmente a El Puerto de Santa María in provincia di Cádiz nel 1850, sconosciuta la data ed il luogo della sua morte.
Nipote di El Fillo, Juan Encueros e Curro Pabla.

Cantaores flamenco Tomás de Vargas Suárez

Tomás de Vargas Suárez 1850

Avvolto nella leggenda e da una serie di contraddizioni ad iniziare dal suo luogo di nascita: esistono opinioni che lo considerano originario di Cádiz, Arcos de la Frontera, Jerez de la Frontera e Puerto Real con grosse polemiche tra gli investigatori. Quanto alla sua morte, la tradizione orale egualmente si contraddice: alcuni sostengono che sia morto giovane di tubercolosi ed altri lo negano.
Stessa situazione per quanto riguarda le circostanze del riconoscimento ad El Nitri della prima storica ‘Llave de Oro del Cante’. La versione più divulgata di questo avvenimento è che la ricevette nel 1868 nel ‘Café sin Techo’ di Málaga dalle mani di Manuel Pérez de Guzmán; esiste però un’altra versione che vuole la consegna a Jerez de la Frontera. Pare che Antonio Mairena abbia detto che la versione veritiera sia quella jerezana, con la consegna ad opera di Manuel Molina e Juan Junquera.

Del Nitri, conosciuto anche come El Nitre o El Mandanga, si raccontano aneddoti bizzarri, alcuni di difficile credibilità come il fatto che cantasse solamente in riunioni di amici e familiari e mai in competizione con altri cantaores professionisti.
Ciò che appare certo è che sia vissuto da giovane a Cádiz poi ad Alcalá de Guadaira, in altre località sivigliane ed a Málaga.

Un’altra delle curiosità che circondano El Nitri è il suo rifiuto di cantare alla presenza di Silverio Franconetti per non dargli a conoscere i canti ereditati da suo zio El Fillo, canti che comunque fecero parte del repertorio del cantaor oriundo italiano.

A fronte di circostanze sconosciute Tomás El Nitri ha vissuto sin da bambino con suo zio Francisco Ortega, il leggendario El fillo, artefice costui anche dell’iniziazione al cante di Silverio Franconetti. Potrebbe quindi essere questa la chiave di volta della rivalità tra Franconetti ed El Nitri. Chi difese il primo disse di un complesso di inferiorità da parte del Nitri, ma pare che il motivo fosse molto più complicato e profondo: le relazioni di stampo familiare che legavano Franconetti con El Fillo furono troncate repentinamente, non è dato saperne il motivo, ma pare fu a causa di una tragedia familiare. Fu così che Silverio Franconetti emigrò nelle Americhe dove si stabilì per diversi anni. Durante questo periodo invece Tomás El Nitri restò accanto a suo zio, apprendendo e finendo con l’ereditare la sua scuola. Al ritorno di Franconetti, El Fillo era morto. Pare quindi che costui avesse grande interesse ad ascoltare El Nitri dal momento che, vista l’epoca che stiamo trattando, era l’unico modo di rinfrescarsi la memoria sui canti e lo stile del suo antico maestro. Da qui si spiega quindi la reticenza di Tomás ad esibirsi all’orecchio di Silverio.
Ci furono poi tra i due radicali differenze: Tomas El Nitri era un cantaor specialista, la sua peculiarità erano le Tonás e le Seguiriyas (Franconetti al contrario fu un enciclopedico), radicato nella tradizione ereditata da suo zio sicuramente ne migliorò i canti, purtroppo della grande varietà dei suoi testi solo tre o quattro sono arrivati sino a noi, dalla disarmante semplicità ma allo stesso tempo grandezza: «Oleaítas e la ma furiosa / que fuertes venés / y a la probe mare de mi alma / no me la traé»; «Arbolito der campo / riega el rocío / como yo riego las pieras de tu calle / con el llanto mío».
Bohemien di temperamento, errabondo, trascinato dalla costante inquietudine e dalle insaziabili ansie della sua immaginazione, ha attraversato regioni e città dipingendo il cante attraverso le angosce dell’isolazione del suo animo, che si sentì solo, straniero, in mezzo all’umanità: “La pastora divina / venga en mi compañía, / que me veo sin calor de nadie / y en tierra mu extraña”.

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Manuel Agujetas https://mosaicoflamenco.com/manuel-agujetas/ Tue, 24 Jul 2018 14:22:57 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=152 Manuel Agujetas Nome artistico del cantaor Manuel de los Santos Pastor, nato in una località fra Rota, Jerez o Mesas de Asta, in provincia di Cádiz, in una data fra il 1939 e il...

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Manuel Agujetas

cantaores di flamenco Manuel Agujetas

Manuel Agujetas

Nome artistico del cantaor Manuel de los Santos Pastor, nato in una località fra Rota, Jerez o Mesas de Asta, in provincia di Cádiz, in una data fra il 1939 e il 1945. I documenti non sono chiari, date le sue origini gitane: Agujetas stesso si vanta di “avere meno carte di un coniglio di campagna”.
Nasce in una famiglia di cantaores, imparentata con El Chalao e i Rubichi, nomi importanti che indicano un flamenco che viene dalla notte dei tempi della storia di Jerez, e in particolare del quartiere di San Miguel, della “Plazuela”, culla di tanti cantaores, forse culla stessa del flamenco di Jerez. Figlio di Agujeta El Viejo, abbandonò il suo lavoro di fabbro per potersi dedicare al cante dopo aver inciso, nel 1970, il suo primo disco.
In seguito si esibisce a Madrid, al Tablao Café de Chinitas, in collegi superiori (Ateneo de Madrid e Club Urbis), cantando in recital, peñas e festival flamenchi.
Nel 1977 ottiene il premio Nacional de Cante de la Cátedra de Flamencología.
I suoi spettacoli da allora si alternano fra Spagna e America, specialmente a New York e in Messico.
Riguardo la sua personalità artistica ha scritto Manuel Ríos Ruiz: “Per prima cosa c’è la sorpresa. Asoltare El Agujeta è, per qualunque buon cabal, come porsi di fronte all’insolito. Occorre ritornare al passato, riportarsi con tutta la nostra capacità di sensibilità e di dar valore ai tempi gloriosi del cante flamenco, agli anni di inizio secolo; chiudere gli occhi e credere nella resurrezione di Manuel Torre. E poi aprirli e rendersi conto che il tempo non è passato. Perché El Agujetas lo mantiene fermo, intrappolato nella sua gola. Chi ha detto che il cante jondo sta morendo? Che si rimangi la parola in fretta! Il cante non si può perdere. Lo porta avanti un gitano di Jerez che la Natura ha dotato di un tesoro di sentimenti, per desiderio di Dio. Appena sceso dal treno già sale sul palco. Manuel de los Santos ha avuto in eredità da suo padre il nome e la tradizione del cante, accoppiata con il lavoro di fucina. I calli testimoniano la sua vita su ambedue le mani, quelle stesse che oggi conferiscono al cante plasticità, che officiano un rito ancestrale, mosse dall’impulso del cuore sugli accordi della chitarra.
El Agujeta ha lasciato la sua fucina trascinato dall’urgenza di essere gente, come egli stesso dice. E per il bene del cante. E’ in un autentico stato di purezza. Canta e si consegna alla legge. Nessun ricorso a professionalismi, né a facili stupori. Nessuna affettazione. Nessun manierismo. El Agujeta è una voce nuova dalle più arcaiche risonanze, che apporta la rivalorizzazione autentica di un clima inconfondibile, gli echi dell’antichissima scuola jerezana, quella del mestro Manuel Molina, quella che seguirono El Marrurro, Mojama, Tío José de Paula, quella che ebbe il suo massimo fulgore in Manuel Torre. Con El Agujeta questo cante prenderà nuovo vigore e ritornerà a brillare della sua qualità intrinseca di arte geniale che non si può imparare”.

Flamenco Manuel Agujetas

Manuel Agujetas

Antonio de Villarejo commentò, molti anni fa, con queste parole uno dei suoi recital:
“Parecchi aficionados erano curiosi di ascoltare nuovamente El Agujeta. I suoi suoni antichi, il suo terribile grido, la sua forza e quella capacità di trasportare con la sua musica oltre i secoli sono qualità che diventano sempre più rare, soprattutto nei cantaores che hanno meno di quarant’anni, come nel suo caso. Cantaor vivace e anarchico, che usa solo appena far ricorso a lenitivi, ha la sua forza nei cantes a palo seco e nelle siguiriyas, cante nel quale si esibì in questa occasione,  raggiungendo momenti di massima emozionalità.”.

Nel 1987, in seguito ad una grave malattia, gli venne tributato in omaggio, a Jerez de la Frontera, uno spettacolo di beneficienza, offerto dal poeta Manuel Ríos Ruiz, al quale presero parte importanti artisti.
Successivamente ha inciso parecchi dischi, benché preferisca, come tutti i cantaores del suo stile, esibirsi in peñas e tablaos. In particolare si ricordino un’incisione del 1972, dal titolo “Viejo cante jondo” e un’altra del 1998, registrata dal vivo nel tablao La Soleá di Madrid, dal titolo “Agujetas en la Soleá”.
Nel 1995 compare nel film “Flamenco” di Saura, nel quale canta por martinete.
Nel 2000 esce un cortometraggio su Agujetas, nel quale egli stesso descrive con crudezza la sua vita, le sue sofferenze, la sua filosofia di uomo del popolo gitano, analfabeta, che ha faticato a costruire tutto ciò che ha. Il video si intitola “Agujetas Cantaor”, opera del regista Dominique Abel, cineasta francese, ed è stato prodotto in Francia.

Cantaores flamenco Manuel Agujetas

Manuel Agujetas

L’attrazione nei confronti del suo cante è analoga  a quella che si può avere nei confronti di un film dell’orrore: i suoi suoni sono stridenti, senza nessuna trasgressione alla forma, all’estetica o alla piacevolezza, “sonidos negros”, suoni neri, qualcuno li definisce.
Sia nella vita personale che nel cante fa mostra di ribellione, facendo della libertà la sua bandiera.
Ha fama di avere un carattere molto complicato, intransigente, che genera un modo di “dire” il cante, un modo serio, sobrio: canta esattamente come gli pare, senza curarsi dei toni, né del compas.
Il suo cante è tutto il contrario di frivolo o superficiale. Fin dalla prima nota, ci trasporta in nun mondo suo, diverso da qualunque altro, nel quale è chiaro che non si può restare indifferenti: o ti coinvolge completamente o ti inquieta profondamente.
Nessuno sa come suonassero le voci dei cantes antichi, primigeni, però ascoltqare la voce di Mnuel Agujetas dà l’impressione di ritornare indietro nel tempo. Come il mitico Manuel Torre, Agujetas possiede un tipo di voce che è un grido, un grido di dolore, di angoscia. Nel suo cante prospera la bandiera del cante fuori tono, tipica di Jerez, sfacciatamente contollata, che crea il senso del cante primitivo.
Tutti i palos si trasformano completamente quando li canta lui. La sua specialità assoluta è il cante por Martinetes, come è logico pensare che sia, date le origini della sua famiglia, di fabbri professionisti del barrio di San Miguel.

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Manuel Ortega Juárez https://mosaicoflamenco.com/manuel-ortega-juarez/ Mon, 23 Jul 2018 16:43:57 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=144 Manuel Ortega Juárez, Manolo Caracol.  Sevilla 1909-Madrid 1973. Agli inizi fu conosciuto anche col nome di Niño de Caracol. Discendente di El Planeta. Iniziato da bambino all’arte flamenca. Nel 1922, a dodici anni, vince...

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Manuel Ortega Juárez, Manolo Caracol.

 Sevilla 1909-Madrid 1973.

Manuel Ortega Juárez

Manuel Ortega Juárez

Agli inizi fu conosciuto anche col nome di Niño de Caracol. Discendente di El Planeta. Iniziato da bambino all’arte flamenca. Nel 1922, a dodici anni, vince il primo premio del celebre concorso di Cante Jondo di Granada a parimerito con Diego Bermúdez, El Tenaza di Morón de la Frontera che in quel momento viaggiava per i settanta.
Questo concorso venne organizzato da Federico García Lorca e Manuel de Falla, don Antonio Chacón fu presidente della giuria. A seguito si presenta nella sua Siviglia sempre insieme al Tenazas ospiti del teatro Reina Victoria, vi farà ritorno un mese dopo per cantare insieme a don Antonio Chacón. Nello stesso 1922 debutta a Madrid presso il Teatro Centro. L’anno seguente realizza una tournée in tutta Spagna sempre insieme a don Antonio Chacón, Manuel Torre, El Gloria, Manuel Centeno ed altre figure di rilievo dell’epoca. Nel 1925 continua a girare la Spagna e canta a Madrid nel Teatro Pavón, in compagnia di La Niña de los Peines, Pepe Marchena ed El Cojo de Málaga in un concorso di cante. Nel 1930 forma lo spettacolo “Luces de España” insieme a La Niña de los Peines, Custodia Romero, Rafael Ortega Monje e Pastora Imperio.
Anni dopo i primi trenta, conclusasi la guerra civile, prende parte allo spettacolo “Cuatro Faraones” con El Sevillano, Juanito Valderrama e Pepe Pinto e con, in una stagione, la presenza in cartellone di Concha Piquer. Forma coppia nel 1943 con Lola Flores, presentando lo spettacolo “Zambra”, di Quintero, León e Quiroga, con il quale, partendo da Madrid, viaggerà in tutta Spagna durante vari anni fino al 1951.
Durante questi anni diventa l’artista flamenco più popolare in special modo per le sue Zambras oltre che per altri canti da orchestra e con la diffusione delle sue registrazioni; è così che crea una autentica scuola !
Dopo l’immancabile tournée in America, come si usava allora, che realizza con Pilar López nel 1951, inaugura il suo spettacolo “La Copla Nueva” per presentare al pubblico sua figlia Luisa come canzonettista e cantaora.

cantaores di flamenco Manuel Ortega Juárez

Manuel Ortega Juárez

‘Color moreno’, ‘Arte Español’ e ‘Torres de España’, sono i titoli degli spettacoli ai quali partecipa in compagnia di sua figlia fino al 1957. Il 1958 resta segnato dalla pubblicazione della sua antologia discografica
‘Una historia del Cante’, commentati dal Professor Manuel García Matos. Gira tutta l’America Latina, andando avanti per tre anni.
Nel 1961, attua nel ‘Teatro Calderón’ di Madrid, cantando per la bailaora Pilar López. Viene inaugurato lo spettacolo ‘La copla ha  vuelto’, con Luisa Ortega e Arturo Pavón.L’anno seguente canta nel tablao di Madrid Torre Bermejas in compagnia dei suoi figli. Nel 1963 inaugura il suo tablao, tuttora celebre, Los Canasteros intorno al quale da quel momento incentrerà il suo percorso artistico. Ciò avviene con figure importanti come Carmen Casarrubios, Curra Jiménez, La Polaca, sua figlia La Caracola, María Vargas, Trini España, La Perla de Cádiz, Gaspar de Utrera, Melchor de Marchena, Orillo, Paco Cepero e Terremoto de Jerez.

Nel 1965 gli viene concessa la ‘Medalla de Oro de la II Semana de Estudios Flamencos de Málaga’, con un tributo al quale partecipano una moltitudine di scrittori e artisti tra cui Pastora Imperio e Pilar López. Un anno dopo , nel Teatro Villamarta di Jerez de la Frontera, la giunta della ‘XIX Fiesta de la Vendimia’ gli tributa un omaggio consegnandogli una targa commemorativa. A madrid viene insignito dell’ordine di ‘lsabel la Católica’.

Registra il suo ultimo disco  nel 1972 con il compiersi del cinquantenario della sua carriera artistica, il disco comprende il suo fandango di congedo. Scompare a causa di un incidente automobilistico nel febbraio del 1973. La messa a dimora delle sue spoglie costituisce una grande manifestazione di partecipazione al dolore in tutto il paese, è così che cominciano a essere dedicati alla sua memoria i festival flamenchi di diverse città andaluse, cosiccome con i corsi della ‘Cátedra de Flamencología’ di Jerez de la Frontera e la ‘Fiesta de la Bulería’, a Mijas una strada porta il suo nome.

cantaores di flamenco Manuel Ortega Juárez

Manuel Ortega Juárez

 Manolo Caracol era un ‘cantaor largo’ come dimostra la sua ampia discografia. Era orgoglioso di aver dato dignita all’arte flamenca nella sua versione teatrale. Partecipò ai film ‘Un caballero famoso’ e ‘Jack El Negro’ oltre ad essere stato protagonista con Lola Flores ‘Embrujo’ e ‘La Niña de la Venta’. Vari poeti del calibro di Antonio Murciano, Rafael de León, Félix Grande, Antonio Hernández, Manuel Ríos Ruiz y Manuel Benítez Carrasco gli hanno dedicato numerose composizioni. A continuazione pubblichiamo in lingua originale le testimonianze di numerosi esperti e flamencologi sul cante e sulla vita di Manolo Caracol.

Anselmo González Climent: «Manolo Caracol está casi desligado de toda externidad amable. Va directamente al rajo angustioso y denso del jipío. Nada de flatus vocis al uso operista. Parece cante de aljamía. Sin embargo, hasta sus locuras conservan un hálito afiligranado de gracia plástica. Con el sólo ejemplo de Manuel Caracol se puede hablar de lo que buenamente puede entenderse por perfección flamenca. Siendo historia, y de lo mejor, Manolo Caracol es ante todo vida fluyente, devoradora… Sus jipíos -enteros, viriles, verosímiles- son negras bocanadas de jondura que atraen e incluso anonadan. Caracol infunde a la totalidad expresiva un sostenido impulso de jondura y de desgarro vital».

Gregorio Corrochano: «¡dichosos los que saben rezar cantando, como Manolo Caracol!». Antonio Murciano: «El cante de Manolo Caracol está hecho mitad de sombra y mitad de luz y su eco, único y gitanísimo, deja en los aires el llanto de la noche de los tiempos y el recuerdo del grito del primer día del mundo. Su voz me escalofría, me hace llorar, reír, morir y vivir. Me honro con su amistad y, flamencamente, me considero caracolero hasta los tuétanos».

Don E. Pohren: Para nosotros es en la reunión, en la fiesta, en el esplendor de la juerga, es donde mejor se aprecia el eco aguardentoso y el rajo de la garganta de Caracol en sus gitanas entregas por siguiriyas, soleares, bulerías, tangos y martinetes, hasta que él y sus amigos quedan transportados por la emoción. Es durante estas sesiones donde Caracol permite recorrer en libertad a su genio en una demostración sin precio de lo que es real y verdaderamente el cante gitano».

Carlos Murciano: «Ha pasado medio siglo. Sigue en pie el hombre. Sigue en pie -de pena, de embrujo- la voz. Manolo Caracol canta. Es un niño de once años. Es un hombre muy viejo, sin edad. Es una voz tan sólo. Una voz muy antigua, ensolerada, con duende, con esos sonidos negros con que Manuel Torre deslumbraba a Federico, el poeta… Manolo Caracol canta y el duende le asoma por la reja de los dedos o por el balcón de un tercio que se afila de pronto o por la azotea de un grito que se troncha al nacer estremecedoramente. Llora la voz madura del gitano, que ayer se adelantaba -niña- en intuiciones y hoy se tensa y se carga de nostalgias, de entrañables ausencias».

Julio Mariscal: «La voz de Manolo Caracol es como un gran sauce de luces y sombras, de alegrías y de penas; Una voz ancestral, única, distinta; una voz para el recuerdo».

Juan de la Plata: «Y canta. Y cantó con esa voz suya, con ese eco tan suyo, tan antiguo, tan flamenco, tan gitano, tan único. Eco de Caracol, de caracola marina, sonando a maravilla por siguiriyas, por fandangos, por malagueñas, por bulerías».

Manuel García Matos: «En la interpretación del auténtico y serio cante flamenco, Manolo Ortega, resitúa las hondas expresiones de este arte excepcional en el cimero y difícil punto a que las llevaron los más conspicuos maestros de la edad áurea de dicho arte… Pedidle sólo que os entone un simple y breve ¡ay! flamenco; veréis fluir de su garganta la onda llameante y estremecida de un sollozo que os penetra y conmueve, aunque no queráis. Sensible en grado máximo para el flamenco cante, casi no sabe emitir palabra del mismo sin poner en ella calor vital de emoción muy sentida. De esta forma, sus interpretaciones de lo flamenco son siempre vividas y crepitantes, al par que de una expresividad sobrecogedora… Respetando sabiamente las líneas melódicas de los cantes, lo que en ellas debe ser considerado como fundamental e intangible, las amplía y hermosea con agregaciones de motivos, adornos y rasgos de estilo personal, que en algunos casos imprimen a los cantes una fisonomía de apariencia nueva. Estos añadidos siempre resultan recreadores, inspirados y cargados de sentido. De continuo traducen latidos del sentimiento o bien refuerzan la expresión, haciéndola más intensa e incisiva. Efectos semejantes únicamente pueden y saben producirlos los intérpretes superdotados. En este terreno, Manolo Caracol no ha sido jamás superado por nadie».

Manuel Díaz Crespo: «El cante de Caracol es un cante de inspiración. Como lo fue el de Manuel Torre, aquel jerezano sabio que tenía tanto de faraón. Hasta tal extremo esto de la inspiración es cierto, que Manolo Caracol espera al duende, como el torero espera al toro. Sale el cantaor al tablao como el matador sale al ruedo, sin saber cómo va a embestirle el toro. En este sentido, Caracol espera al duende. ¿Por dónde me va a salir?, se pregunta… Caracol improvisa sobre la marcha. Lo cita, acude y le da sus tamices al compás de los tercios de cada cante. Hasta tal extremo que Caracol improvisa hasta la letra».

Julio Coll:«Han oído alguna vez a Manolo Caracol cantando fandangos? Si no lo ha oído, hágalo enseguida. Escuchen atentamente su entrada y descubrirán que no hace falta mucha erudición para especular sobre el origen moruno de los cantes grandes del país de la Macarena. Su forma de respirar y de decir, cuando dice conteniendo la respiración; la forma de soltar las palabras en medio del ahogo de sus ayes, que son una delicia dramática de bueno y sofocante cantaor. Hay mucho sol de patio andaluz en su cante. Ese sol oblicuo que recorta la sombra como un gran trazo negro… Manolo Caracol es mi gran tipo como artista… ¿Y su malagueña? Cuando Manolo adelgaza la voz y le da como una curva descendente a su cante, para pronto reconciliarse con la guitarra en un alto empujón en forma de espiral -esa es la sensación-, sus malagueñas son una delicia. Y cuando entra por tientos, con el fino, tiento de su gran clase como cantaor, Manolo Caracol pone la piel de gallina. Cañas, soleares y bulerías, acompañadas por la guitarra de Melchor de Marchena, cuyo son tiene la calidad de un bajorrelieve, Manolo Caracol deja el vivo recuerdo de su gran valía… Desgarrada, fosca, quebrada y refulgente -que todos los adjetivos son aplicables a ese genio del cante-, la marca de Caracol es indeleble. Su voz personalísima, su (¡eje inconfundible y su forma de agarrar el aire para entrar en el cante de la marca que sea, hacen de él una pieza única y muy destacada. El famoso Iiiiu, iu, iiiu, iu, iiiiu…/ liiiiiiiiuuuu… de su famosa caña, es algo que se recuerda con admiración. Gran improvisador, Manolo Caracol tiene siempre a punto la inspiración para redondear los giros, para remachar con los clavos de su instinto de cantaor las más amplias acometidas de su fuelle para sostener la voz en el aire sin caída, en un volatín casi circense, amparándose siempre en sus fabulosas facultades, tanto físicas como sentimentales. Porque Caracol no es frío, ni académico, ni clasicista. Es el gladiador del cante que entra en él como en un circo romano, dispuesto siempre a la lucha con los duros leones de los duros de oído o flacos de sensibilidad… Manolo Caracol es la figura indiscutible de ese arte que se rompe y rasga en cuanto uno lo acomete sin autenticidad, hecho de aire, de ronquera, de desgarro, y que tan bien le sienta al hondo ahogo de esa voz que pasará a la historia».

Tico Medina: «Bastaba que abriera la voz ronca aquel hombre ancho -no del todo bien conocido por todos-, espléndido en la noche, amador de la vida y la amistad, para que, aunque fuera como un silbo vulnerado, como un alarido o como un suspiro, la carne iluminada del cante diera su fruto y su forma. Sabía romper el molde de todas las coplas. Cantó el folklore popular andaluz como nadie. Su Sarvaora -una mano levantada; la del anillo; la otra, en la pierna, a la altura militar de la raya del pantalón, está en las antologías de la copla del Pueblo, la que no se agota, ni se acaba>,. Agustín Gómez: «Caracol, al contrario que Mairena, no fue un luchador; buscó siempre la pendiente para dar curso a su caudaloso río. Prefirió el escenario del teatro al cuarto de cabales porque en su compleja personalidad artística había un actor que no podía callarse, un actor potenciado por su genio flamenco… Lo de Caracol para unos pocos, que pueden no ser los más entendidos pero sí los de más poder adquisitivo en cuanto a sensibilidad flamenca, los sibaritas de la buena mesa, los que prefieren el bocado exquisito dejándose en el plato la lechuginada que, en mesa de gran lujo, acostumbra a acompañarle».

Manuel Ríos Ruiz: «Es posible que Manolo Caracol sea la culminación de la dinastía cantaora más importante de la historia del flamenco, la que deviene de El Planeta y se engendra con el cruce de los descendientes de Curro Durse y El Gordo Viejo. Una sangre más destilada en lo flamenco no la hubo nunca y difícilmente será posible la repetición del fenómeno. Caracol, por lo tanto, llevaba el cante más en la sangre que en la cabeza. Su naturaleza espiritual y física no conocía otra fisiología que lo flamenco, De ahí que fuera su prototipo. Cantaba flamenco porque vivía en lo flamenco. Nunca tuvo que pensar en el cante, porque se creía el cante mismo. Todo lo había aprendido sin darse cuenta, sin saberlo, por ello lo asumió de forma tan natural que lo había olvidado y por tal causa lo improvisaba a cada tercio. De todo el cante de su ralea hizo el suyo sin esforzarse lo mis mínimo. Lo que pasa es que lo sentía tanto en su corazón que al plasmarlo tornaba el cante su figura. Por otra parte, su voz era la idílica para el cante. 0 sea, la voz que la imaginación popular había creado, la voz cantaora por excelencia. Y él la acompañaba con su porte. Ninguna otra presencia le ha prestado a una voz mejor espejo y sostén. Fue un intérprete que sin perder nunca de vista las lindes de su arte, supo traspasarlas y seguir siendo jondo, genuino y puro por los atributos de su genialidad. Su prematura retirada oficial, su pereza para competir y su inclinación por no complicarse la vida, privó a los aficionados de un posible contraste de sus maneras personales, pero legítimas, con la ortodoxia a ultranza, lo cual hubiera sido muy beneficioso para sacar conclusiones acerca de cuales son de verdad los intrínsecos valores del cante, si el academicismo o la inspiración; pues Manolo Caracol, aun en sus facetas de artista flamenco popular con sus zambras orquestadas, que tanto mal hicieron al cante, no por él, sino por la cantidad de malos imitadores que le salieron, dejó siempre en sus interpretaciones el matiz de la indudable jondura con el embrujo de su voz afillá. Junto a su frivolidad profesional -cuyos motivos tal vez puedan justificarse-, tuvo el gran mérito de ser personalísimo a la hora de cantar un repertorio sumamente amplío, hasta situarse fuera de discusión por tan discutido intencionadamente. A la hora de situar a Manolo Caracol en los anales del flamenco, habría que ponerlo junto a Silverio, don Antonio Chacón, Manuel Torre y Pepe Marchena, entre los Maestros y los genios. Ya escribí en un poema que “el cante era él y era una bomba”. Y la bomba estallará, porque conforme pase el tiempo más glorioso será su cante. Un cante tan heredado como original y eso es un caso que muy pocas veces se ha dado desde Tío Luis el de La Juliana hasta la fecha, pues para consumarlo hay que ser un genio. Caracol lo era».

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Luis Fernández Soto

Luis Fernández Soto, Luis El Zambo nasce nel 1949, nel cuore del gitanissimo e flamenchissimo barrio jerezano di Santiago. Nella sua famiglia si contano tantissimi cantaores, come Paco Laluz, Tío Juanichi, El Gloria, Tío Cabeza, Las Pompis, Luis Rincones, El Serna, Frijones, Terremoto, Sordera, etc.
Suo padre, Joaquín, ha una pescheria, e dà seguito ad un lavoro di tradizione familiare, che si accompagna con la tradizione del flamenco, come già era stato il caso del cantaor El Gloria, che apparteneva alla stessa famiglia. A soli 11 anni, Luis comincia a lavorare nel negozio di famiglia come apprendista.
Il soprannome El Zambo (che significa “dalle gambe storte”) gli viene dal padre, a cui era stato attribuito da suo zio Giti, che era il marito di Tia Anica la Piriñaca.
Luis El Zambo vive in un quartiere ed in una famiglia in cui il cante flamenco nace spontaneamente in qualunque occasione di festa. Purtroppo però a 27 anni perde suo padre, ed essendo il maggiore dei suoi fratelli debe prenderse cura económicamente di tutta la famiglia, fino a che riese ad aprirsi una propria pescheria.
Luis El Zambo è un cantaor flamenco professionista da molto poco tempo, benché nella sua città e negli ambienti del flamenco abbia da sempre goduto di ammirazione da parte di tutti per il suo personale modo di cantare e la sua maestria nel dominio del compás nei cantes di tradizione gitana.
In seguito alla sua partecipazione al disco “Cayos Reales-Los Juncales de Jerez”, nel 1998,  Luis, incoraggiato dai suoi concittadini, decide di dedicarse a tempo pieno al cante flamenco, che deviene la sua professione.
Incide un disco con la sua famiglia e partecipa come ospite a diversi dischi con altri musicisti, come Tomatito, Moraito Chico, Miguel Poveda, oltre a cantare in un disco dedicato alla XI edizione della Bienal de Flamenco di Sevilla.

Inizia ad esibirsi nei grande teatri, e il suo successi si fa concreto. Luis El Zambo fa parte di un gruppo di artisti che seguono un flamenco tradizionale, ortodoxo, basato sulla pura tradizione del cante gitano.

Cantaores di flamenco Luis Fernández Soto

Luis Fernández Soto

I suoi ultimi cd sono “Al compás de los Zambos” e  “Gloria Bendita”.
Il suo modo di cantare è molto gutturale, tipicamente jerezano. Sia nella voce che nel modo di comportarsi, Luis El Zambo è molto spontaneo, e non tiene presente l’opinione del pubblico. Canta con il piacere di farlo e per il piacere di farlo, come se stesse seduto in casa con gli amici, anche se si trova di fronte al pubblico di un grande teatro. Il senso del cante flamenco è quello di godere del piacere di ciò che canta, non di esibirlo, ed è ciò che probabilmente Luis ha fatto durante tutta la sua vita, quando il flamenco era per lui una grande passione ma non ancora una professione. Sul palco, ma anche fuori dal palco, nelle juergas, si diverte molto anche quando cantano gli altri, come è giusto che sia. Scherzo molto spontaneamente con il pubblico, come se fosse ad una riunione fra amici, e questo rende il suo cante ancora più fruibile: arriva a dichiarare al pubblico scherzando “Yo por bulerias no se cantar”.
I suoi quejios sono dei veri e propri lamenti. Esprimono la tristezza della vita, il dolore fatto cante. Anche le parole vengono pronunciate malissimo, e por Siguiriyas e Soleà Luis El Zambo pare non volerle usare come parole, ma come suoni di lamento.

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Julián Estrada https://mosaicoflamenco.com/julian-estrada/ Mon, 23 Jul 2018 16:34:03 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=136 Julián Estrada Julián Estrada nasce a Puente Genil, Córdoba, nel 1968. Comincia a cantare all’età di 11 anni, prendendo lezioni da un aficionado della sua città, anche se la sua prima passione era la...

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Julián Estrada
Cantaores di flamenco Julián Estrada

Julián Estrada

Julián Estrada nasce a Puente Genil, Córdoba, nel 1968.
Comincia a cantare all’età di 11 anni, prendendo lezioni da un aficionado della sua città, anche se la sua prima passione era la chitarra.
Per la prima volta si esibisce su un palcoscenico a 14 anni. Ottiene il  primo premio di Cante Grande a Puente Genil e diviene professionista, cominciando  prendere parte a numerosi festival accanto a figure di primo piano.
Fra i premi che ha vinto ricordiamo:
•    La Torre del Cante di Alhaurín de la Torre.
•    Il Primeo Premio “Ciudad del Vino” di Valdepeñas.
•    Il Primo Premio por Soleá al Concorso Juan Talega di Pinto, Madrid.
•    Il Premio “Dolores la Parrala”, al Concurso Nacional de Arte Flamenco di Córdoba, XV Edición.
•    Il Premio “Cayetano Muriel”, Concurso Nacional de Arte Flamenco di Córdoba, XV Edición.
•    Il Premio Nacional de Saetas “La Trinitaria” di Málaga nel 1994.
•    Il Primo Premio Cantes de Levante di Mairena del Alcor.
•    Il Primo Premio “Volaera Flamenca” a Loja, Granada.
•    Il Primo Premio “Rincón Flamenco de Córdoba”.
•    Il Primo Premio “Estepona Cantaora”.
•    Il Primo Premio “Peña Flamenca La Soleá” di Nerja.
•    Il Primo Premio por Peteneras a Paterna de Rivera.
Con il suo primo cd, Julián Estrada ottiene il primo premio al Concurso de Cante flamenco di Valdepeñas “Ciudad del Vino”, nel 1994.
Da allora, pur essendo ancora molto giovane, viene invitato ai più importanti festival dedicati al flamenco in Andalucía, come quelli di Puente Genil, di Mairena del Alcor, di Ojén, di Montilla, di Benamejí, ecc.
Al tempo stesso si esibisce in moltissime Peñas Flamenche in Andalucía ed in altre región, quali Extremadura, Castilla La Mancha e Castilla y León.
Come cantaor è molto amato e rispettato, tanto che ci sono ben due Peñas a lui dedicatate, quella di Membrilla, Ciudad Real, e quella di Pedrera, Sevilla a Ciudad Real.
Il suo secondo cd, “Reflejo de luna y sal”, edito dalla Fonográficas del Sur (FODS Records), è stato presentato nel 1999 nel Teatro Circo di Puente Genil, Córdoba.
Nel 2000 si esibisce in tre teatri molto importanti, come il Teatro Central di Sevilla, l’Alhambra di Granada e il teatro principale di Zamora nell’ambito del circuito “Flamenco Viene del Sur”, ottenendo moltissimo successo.
Nel 2003 esce il suo cd “Un Mundo Nuevo”, sempre per la Fods Records.
La sua ultima opera discografica si intitola “Donde queda el puente”.
Attualmente non c’è un festival flamenco che non veda presente Julián Estrada, sia in Spagna che all’estero, soprattutto in Francia.
Gli sono state conferite onoreficenze come:
•    Targa d’Oro della Peña Flamenca Fosforito di Puente Genil.
•    Madroño Flamenco di Montellano.
•    Titolo di Ambasciatore della Ciudad del Vino di Valdepeñas.
•    Premio della rivista dedicata al flamenco El Olivo nel 2003.
Julián Estrada ha una voce tenorile molto gradevole, ricca di melismi e di sfumature che le conferiscono uno spessore espressivo.

Julián Estrada

Julián Estrada

Questa liricità   rende flamenca la voce di Julián Estrada, che con la sua qualità  molto limpida, è in realtà poco tipicamente flamenca.
Da qualche anno si esibisce accompagnato dal chitarrista Manuel Silveria, che permette al suo cante di esprimersi al meglio. Anche grazie alla collaborazione con Manuel Silveria, Julián Estrada sta raffinando il proprio gusto ritmico, soprattutto por tangos, proponiendo remates creativi a metà compas, che richiamano un olé spontaneo.
Con il passare degli anni, Julián Estrada si sta dirigendo verso una maggiore ricercatezza nei suoni e nei melismi, rimanendo sempre molto legato alla tradizione più verace del cante flamenco, soprattutto del cante della sua regione.
Come cantaor ha un repertorio molto ampio, e si esprime in moltissimi palos, giungendo a cantare in maniera eccellente persino la Minera.
Nei palos festeros lavora molto bene con i volumi creando il giusto pathos e manteniendo viva l’attenzione del pubblico, sempre con il gusto cordobés di smorzare il volume nei finali, anche nella letra di macho, per ottenere un effetto di brillantezza di suono ma senza esagerare: usa la potenza della sua voce, ma mai in modo sguaiato.
Il cante di Julián Estrada comunque si esprime al meglio in assoluto nei fandangos, tipici della sua zona di origine, e infatti spesso nei festival il pubblico gli chiede di cantare fandango senza microfono, proprio per apprezzarne la qualità.
Se si può dire di un artista già completo da anni che sta crescendo artisticamente, ebbene, lo diremo di Julián Estrada. Ascoltarlo in concerto è sempre un vero piacere.

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Juan Agustín Fernández Vargas https://mosaicoflamenco.com/juan-agustin-fernandez-vargas/ Mon, 23 Jul 2018 16:28:44 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=133 Juan Agustín Fernández Vargas, Juan Talega, Dos Hermanas, Sevilla, 1891-1971. Figlio di Agustín Talega e nipote di Joaquín el de La Paula. Commerciante di bestiame la sua occupazione principale, cantava solamente in juergas, ovvero feste...

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Juan Agustín Fernández Vargas, Juan Talega,
Dos Hermanas, Sevilla, 1891-1971.

Figlio di Agustín Talega e nipote di Joaquín el de La Paula. Commerciante di bestiame la sua occupazione principale, cantava solamente in juergas, ovvero feste e riunioni, almeno finchè, spinto da Antonio Mairena e da costui presentato, cominciò le sue attuazioni in pubblico nella seconda metà degli anni cinquanta, praticamente si dedica al professionismo flamenco in età da pensione. Fu così che nel 1959 ottenne il primo premio del ‘Concurso Nacional de Arte Flamenco de Córdoba’,nella sezione delle tonás, siguiriyas e soleares.

Da allora partecipa a diversi festival flamenchi in città di grande tradizione flamenca dell’ andalusia come Siviglia, Jerez de la Frontera e Cordoba come figura di primo piano con Antonio Mairena. A continuazione realizza varie incisioni discografiche e, nel 1970, gli viene tributato un omaggio presso il teatro ‘La Zarzuela’ di Madrid da artisti di vario genere come Rafael Alberti o José Manuel Caballero Bonald, tra gli esperti, e con l’attuazione di Enrique Morente, Rafael Romero, Juan Varea, Merche Esmeralda, Antonio Mairena, José Menese, Curro Mairena, Manuel Mairena, El Camarón de la Isla, El Lebrijano, Manuel Cano, Fernanda de Utrera, Tomás Torre, Alejandro Vega, Pilar López, Perico del Lunar, Juan Cantero, Paco de Antequera, Manolojuan_talega_flamenco_italia_200 Sanlúcar, Miguel Funi y Paco Valdepeñas.

Juan Talega è considerato come uno dei maestri dei canti di Triana e di Alcalá, uno dei pilastri che hanno traghettato i canti originari nell’era moderna, ha mantenuto in vita stili che hanno potuto così arrivare a noi. Ad Alcalá eredita i canti antichi della sua dinastia: ‘Los Gordos de Alcalá’.
Nel suo percorrere i palchi dei festival in tarda età, dà esempio di questi stili prossimi all’oblio, realizza registrazioni imprescindibili dallo studio di questo tipo di cante flamenco. In più occasioni Antonio Mairena riconosce il grande debito acquisito nei confronti di Juan Talega, senza il quale non sarebbe riuscito a ricostruire canti oramai in punto di scomparsa.

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José Mercé https://mosaicoflamenco.com/jose-merce/ Mon, 23 Jul 2018 16:26:22 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=129 José Mercé è il nome artistico di José Soto Soto Jerez de la Frontera, Cádiz, 1955. Discende di Paco de la Luz, nipote di El Sernita ed El Sordera. Essendo da bambino cantore del coro...

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José Mercé è il nome artistico di José Soto Soto
Cantaores di flamenco José Mercé

José Mercé

Jerez de la Frontera, Cádiz, 1955.
Discende di Paco de la Luz, nipote di El Sernita ed El Sordera. Essendo da bambino cantore del coro della Basilica de la Merced , da lì il suo nome artistico, nel flamenco ha debuttato a dodici anni nella sua terra natale, attuando nei Jueves Flamencos organizzati dal chitarrista Manuel Morao. Nel 1970 venne contrattato dal tablao La Cueva del Pájaro Azul di Cádiz, insieme a Rancapino, Juanito Villar e Pepa de Utrera.
Nel 1971 si trasferisce a Madrid dove realizza le sue prime incisioni, illustra una conferenza di Domingo Manfredi nell’ ateneo di Madrid ed entra a far parte del tablao  Torres Bermejas, per passare in seguito a cantare per il Trío Madrid formato da Mano Maya, El Güito e Carmen Mora, nelle loro attuazioni per diversi teatri di Madrid e provincia.

Dal 1973 all’ 83 appartiene alla compagnia di Antonio Gades col quale realizza il film Bodas de Sangre e percorre in varie occasioni i palcoscenici di Europa ed America. Dopo alcune attuazioni con il Ballet Nacional comincia i suoi recital in centri culturali, peñas flamencas e festival, partecipando nei Cursos Internacionales de Arte Flamenco de la Cátedra de Flamencología y Estudios Folklóricos Andaluces, entità che otorga la Copa Jerez. Nel 1985 realizza una eccellente campagna nei festival andalusi e, nel 1986, ottiene nel Concurso Nacional de Arte Flamenco di Córdoba i premi La Serneta e Niña de los Peines, ciò determina la sua consacrazione e la sua presenza nei principali – acontecimientos- flamencos, tra di loro la sua selezione per il II Concurso El Giraldillo del Cante, della IV Bienal de Arte Flamenco Ciudad de Sevilla, dove si classifica al secondo posto.

cantaores di flamenco José Mercé

José Mercé

Dal 1986 è figura del tablao madrileno El Café de Chinitas. Dominatore di una gran gamma di stili soprattutto quelli di Jerez, Cádiz y los Puertos e di Alcalá, Manuel Ríos Ruiz ha glossato così la sua personalità artistica; “Siamo davanti ad un artista di cui dai suoi inizi si poté scorgere il suo destino, e che, nonostante la sua giovane età, ha avuto una proiezione brillante oltre che difficile, attraverso la quale si è forgiato professionalmente per quagliare in un interprete con un ampia e profonda conoscenza della sua arte. E d’ altro canto, un cantaor ispirato nei suoi sentimenti più ancestrali, nelle caratteristiche più positive, umane, estetiche, della sua razza gitana. Vale  a dire un cantaor che riunisce idealmente una serie di qualità basiche per ergersi in una figura di rilievo indiscutibile, per giunta possiede una personalità che sa trasmettere alla afición española. José Mercé ha intrinsecamente dentro di se le radici della sua famiglia, la gente di Paco de la Luz, nella pasta e nel sangue. E quella stirpe, il suo duende ed il suo suono gli affiorano quando canta, e da quella scuote e commuove con le sue sfumature -matices- e la sua tragirabbia.

Su José Mercé bisogna aggiungere qualcosa di sostanziale e significativo, cioé che non si è accontentato del -don del eco- ma si è preoccupato di acquisire ed accumulare sapienza artistica, ha saputo chiedersie prospettare ciò che vuol dire essere un artista e dar senso alla sua vita intorno a un ideale così capitale, nel solco  della sua arte ingenita e naturale. Non tutti hanno la capacità di comprendere e culminare un simile concetto. José Mercé, in un dato momento, ha posseduto la sufficiente chiaroveggenza per affrontare le difficoltà ed il sacrificio che il flamenco, come ogni arte schietta e veritiera, entraña…. José Mercé si trova in quella linea di superamento precisa e continua.
Lo attesta il suo trionfo nel più rigoroso deil concorsi flamenchi che conosciamo;
il Concurso Nacional de Córdoba, -por partida doble-.

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Antonio Suárez Salazar  https://mosaicoflamenco.com/antonio-suarez-salazar/ Mon, 23 Jul 2018 16:13:24 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=126 Antonio Suárez Salazar Antonio Suárez Salazar, Guadiana nasce a  Badajoz, in Extremadura, nel 1955. Antonio Suárez Guadiana viene da una famiglia che molto ha dato al cante  flamenco extremeño: suo fratello è Ramón el...

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Antonio Suárez Salazar
Cantaores di flamenco Antonio Suárez Salazar 

Antonio Suárez Salazar

Antonio Suárez Salazar, Guadiana nasce a  Badajoz, in Extremadura, nel 1955.
Antonio Suárez Guadiana viene da una famiglia che molto ha dato al cante  flamenco extremeño: suo fratello è Ramón el Portugués, suo zio Porrinas de Badajoz, suoi cugini sono La Negra e Juan Salazar.
A soli 17 anni debutta nel tablao madrileno Café de Chinitas.
Negli anni ’80 canta in molti tabalos, come il Torres Bermejas e Los Canasteros, costruendosi una reputazione di cantaor esperto nell’accompagnamento del baile e di palmero: ha lavorato con le compagnie de El Güito, La Tati, Javier Barón, La Tolea, Merche Esmeralda, Eva la Yerbabuena e con Antonio Canales.
La sua collaborazine è stata anche richiesta in spettacoli internazionali da parte di figure come Enrique Morente o Pepe Habichuela, che lo ospita come cantaor nel suo disco Yerbagüena, del 2001.
Incide il suo primo cd, “Cuando el río suena” nel 1999, e il secondo, “Brillo de Luna” nel 2002.
Guadiana è disponibile a sperimentazioni musicali, come  quella che ha fatto nel cd “Chanson Flamenca”, un progetto in cui un folto gruppo di cantaores si prestano ad afflamencare la canzone francese.

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Antonio Fernández Diaz https://mosaicoflamenco.com/antonio-fernandez-diaz/ Mon, 23 Jul 2018 15:30:55 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=122 Antonio Fernández Diaz, Fosforito Puente Genil, Cordoba, 1932. Scelse il nome d’arte per emulazione del cantaor omonimo antecedente, Francisco Lema, Cádiz 1870-Madrid 1940, che oggi, per differenziarlo chiamiamo Fosforito el Viejo, tra i due...

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Antonio Fernández Diaz, Fosforito
Puente Genil, Cordoba, 1932.
Cantaores di flamenco Antonio Fernández Diaz

Antonio Fernández Diaz

Scelse il nome d’arte per emulazione del cantaor omonimo antecedente, Francisco Lema, Cádiz 1870-Madrid 1940, che oggi, per differenziarlo chiamiamo Fosforito el Viejo, tra i due non vi è parentela. Fosforito nei suoi inizi era conosciuto anche con il nome di Antonio de Puente Genil. Professionista già molto giovane, percorreva i centri dell’Andalucia nei periodi di feria. Apprese a suonare anche la chitarra. Nel 1956 si presentò al ‘Concurso de Cordoba’ ottenendo tutti i premi e sorprendendo per la sua profonda conoscenza degli stili. Posteriormente percorse tutta la Spagna come prima figura dello spettacolo ‘Festival de Cante Grande’. Lavorò poi nei tablaos di Siviglia e nel madrileno Corral de la Morería. Realizzo le sue prime incisioni discografiche e formò parte dello spettacolo di Mariemma viaggiando soventemente in Europa, Asia ed Africa. Negli Stati Uniti ed in altri paesi del continente americano ha fatto parte degli spettacoli di Manuel Vargas.

Fin dagli anni sessanta è uno dei cantaores più distaccati dei festival flamenchi interni all’Andalucia. Ha offerto assiduamente conferenze sugli stili canori e la loro evoluzione. Ha inciso un’antologia oltre a vari dischi dedicati agli stili flamenchi nel loro contesto territoriale geografico.

cantaores di flamenco Antonio Fernández Diaz

Antonio Fernández Diaz

Nel 1981 la città di Cordoba lo nomina figlio adottivo celebrando in suo onore un omaggio organizzato dal comune nel quale viene presentato un libro per celebrare il venticinquesimo del suo trionfo nel concorso di cante della città stessa. Fosforito è ‘Premio Nacional de Cante de la Cátedra de Flamencología’, è stato premiato anche a Málaga, Mairena de Alcor, La Unión, ed in altri festival e concorsi. Nel 1985  gli è stato aggiudicato il premio ‘Compás del Cante’.

Varie volte è stato giurato del ‘Concurso  Nacional de Arte Flamenco de Córdoba e numerose istituzioni e peñas flamencas gli hanno concesso omaggi, insegne e trofei. Fu nominato figlio prediletto di Puente Genil nel 1986; direttore onorario della Cattedra di Flamencologia, nel 1987, anno in cui la rivista ‘El Candil’ gli dedica un numero monografico.

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