miti del flamenco | Mosaico Flamenco https://mosaicoflamenco.com Il portale italiano della cultura del flamenco Thu, 19 Jul 2018 15:52:48 +0000 it-IT hourly 1 Biografia di Camaron terza parte https://mosaicoflamenco.com/biografia-camaron-3/ Fri, 23 Mar 2018 15:40:09 +0000 http://mosaicoflamenco.com/?p=12 L’evoluzione e l’incontro con Tomatito “La leyenda del tiempo”, album edito nel 1979 e decima opera di Camarón, vede una rottura totale con i lavori precedenti da ogni punto di vista. No c’è più...

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L’evoluzione e l’incontro con Tomatito

“La leyenda del tiempo”, album edito nel 1979 e decima opera di Camarón, vede una rottura totale con i lavori precedenti da ogni punto di vista. No c’è più la collaborazione di Paco de Lucía ed il cantaor di San Fernando si orienta verso nuovi  percorsi artistici.
Ricardo Pachón ha sostituito Antonio Sánchez come produttore, e come chitarrista sostituto di Paco de Lucía appare José Fernández Torres, cioé Tomatito, giovane chitarrista di stirpe gitana che dimostra il suo talento accompagnando il cante di Camarón sino alla fine della sua vita.
In una delle biografie di José Monge si commenta: “Oltre ad essere un disco iconoclasta e grande in tutti i sensi “La leyenda del tiempo” va più in là, marcando un punto di svolta nel genere. Lavoro criticato dai puristi e notevole insuccesso commerciale (vende solo 5.400 copie sino al giorno della morte di Camarón), è innovativo in tutti i sensi senza smettere di essere flamenco.
Oltre ad utilizzare letras basate su opere di artisti di grande valore letterario, come García Lorca, Villalón e Omar Khayam, il disco vede l’inserimento di tastiere, basso elettrico, batteria, arrangiamenti più vicini alle sonorità del jazz e del rock e le collaborazioni di compositori come Kiko Veneno, autore della Rumba salsera “Volando Voy”. Si nota in particolare la collaborazione del giovane Tomatito, che assume un certo ruolo da protagonista nel disco, rivelandosi all’altezza in tutte le circostanze”.
E il commento conclude con questa espressione: “La leyenda del tiempo è l’opera di riferimento di Camarón e del flamenco degli ultimi decenni”.
L’album contiene dieci pezzi. Si apre con la canzone che dà il nome al disco. I primi brani sono: tre bulerías, una cantiña ed un taranto. In questi cinque primi pezzi è pienamente presente la poesia di García Lorca. Di seguito vengono “Volando Voy”, la rumba di Kiko Veneno, l’alegrías “Bahía de Cádiz” con letras di Villalón, la bulerías “Viejo Mundo”, con letras dI O.Kaya, adattate da Veneno. In relazione a queste letras, Mercedes García Plata commenta: “Non si sa che edizione né che traduzioni siano state utilizzate dal gruppo Veneno per realizzare questo montaggio di testi non pubblicati nell’opera citata”. Il disco termina con i pezzi “Tango dela Sultana”, con letras di F. Díaz Velázquez, A. de la Casa e R. Pachón, e con la “Nana del Caballo grande”, brano di grande buon gusto, con letra presa da Bodas de Dangre di García Lorca, che chiude l’album. Disco parecchio lorchiano, dunque, con temi musicali festeros per la maggior parte.

Nel 1981 esce “Como el Agua”, lavoro nel quale Camarón torna a riunirsi con in studio con Pace de Lucía.
Comincia con questo disco la decade discografica degli ottanta, decade che ha segnato per il canator un periodo di luci ed ombre. Il chiarore è rappresentato dal suo lavoro artistico con i trionfi ed una progressiva e positiva ripercussione nel successo di pubblico: solo successi dunque in tutti gli aspetti della sua vita artistica.
Le tenebre sono invece rappresentate nell’inizio di una tossicodipendenza da eroina.
Il disco contiene due brani di tangos, tre di bulerías, uno di alegrías, e uno di fandangos de Huelva e uno ancora di taranta. Tutti i pezzi sono composti da Pepe de Lucía, eccetto la bulerías “Gitana te quiero”, firmata da Camarón ed Antonio Humanes. Chiude l’album la bulerías “La luz de aquella farola”.

Accompagnato di nuovo da Paco de Lucía e Tomatito, nel 1983 il nome di Camarón appare in un nuovo disco intitolato “Calle Real”, che comprende, come il precedente, otto pezzi, la metà dei quali sono bulerías.Comprende anche tangos, tanguillos fandangos de Huelva e rumbas.
Il contenuto ha molte similitudini con il disco anteriore.

“Viviré” è il lavoro che esce al mercato nel 1984 e si compone di tre bulerías, tangos, alegrías e siguiriyas. E’ stato un grande successo commerciale rispetto ai suoi lavori passati.
Partecipano all’incisione componenti del sestetto di Paco de Lucía. Cinque degli otto pezzi dell’opera sono scritti da Pepe de Lucía. Della direzione musicale si è occupato proprio Paco de Lucía.

Si è detto che i tre anni che separano “Como el Agua” e “Viviré” possono considerarsi come il periodo nel quale Camarón definisce il suo stile, esplorando al massimo le sue possibilità all’interno della cornice della sua grande personalità creativa. Realizza i cantes rispettando le regole fondamentali che li identificano come flamenchi e, allo stesso tempo, proietta i suoi ideali sonori in un o stile che, da allora, è considerato come camaronero.

Nel 1986 esce sul mercato il disco “Te lo dice Camarón” che viene registrato in uno dei momenti peggiori per lo stato d’animo del cantaor. Tecnicamente il disco ha delle deficienze che lo stesso produttore giustifica con il momento difficile che sta attraversando l’artista, fino al punto che il disco è uscito senza la masterizzazione finale, dal momento che Camarón se ne dovette andare per la morte di sua madre. Il lavoro uscì quindi nelle condizioni in cui si trovava in quel momento.
Nel disco si fa omaggio di tutte le persone che il cantaor ammirava e che hanno influenzato la sua vita artistica, come Antonio el Chaqueta, la Perla de Cádiz e lo stesso Paco de Lucía. I brani includono cantiñas, una rumba, un fandango, dei tangos ed una soleá.

“Flamenco vivo” esce nel 1987. E’ l’unico disco che Camarón registra in diretto edito mentre il cantaor era ancora in vita. Ricardo Pachón è stato l’editore del disco, oltre che colui che ha realizzato la ricompilazione dei pezzi presi dai festival nei quali è intervenuto Camarón. Si trovano nel lavoro tre bulerías, fandangos e tangos; l’album è composto da sei pezzi.

In altro disco definito storico è stato “Soy Gitano” del 1989. Il pezzo che dà nome all’opera è un tangos-rumbas che è diventato molto popolare. Prodotto anche questo da Ricardo Pachón e con un costo che è stato definito quello più alto della storia del genere sino ad allora.
Si potrebbe motivare la somma spesa con la partecipazione al disco della sezione di archi della Royal Philarmonica Orchestra, ed i maggiori costi degli studi di registrazione di Abbey Road di Londra. In compenso è stato un grande successo commerciale che è servito a lanciare al Cantaor di San Fernando ampliando la conoscenza della sua figura al grande pubblico internazionale.
Letras dei poeti Federico García Lorca e Miguel Hernández sono comprese nei brani registrati.
Nel pezzo “Amor Conuco”, una rumba, del cantautore Juan Luis Guerra, suonano Tomatito e Raimundo Amador, ai quali si aggiunge la voce di Ana Belén.
In relazione a quest’album Camarón ha dichiarato: “Il disco lo abbiamo registrato a Siviglia, abbiamo messo la voce a Madrid e lo abbiamo montato a Londra perchè vogliono mettere una filarmonica. Il disco sarà per metà commerciale e per metà a modo mio, possono mettere quello che vogliono ma io devo essere io”.

L’ultimo disco registrato da José Monge è stato “Potro de Rabia y Miel” nel 1992, stesso anno della sua morte.
La sua grave malattia è stata la causa delle grandi difficoltà che si sono dovute affrontare per portare a termine la registrazione. In una delle sua biografie si racconta alcune delle peripezie occorse nel processo di registrazione: “E’ costato la vita stessa portare a termine la registrazione di Potro de rabia y miel. Camarón a momenti restava incosciente e non c’era chi riuscisse a farlo reagire. Il cantaor andava in studio senza sapere quel che doveva cantare, gli mettevano davanti un foglio con la strofa scritta in grande e cercava di memorizzarla. “Un cuartelillo (cioé una Pausa) no? chiedeva Camarón. Riposavano un po’, fumavano, tentavano inutilmente di rilassarsi e riannodavano la tortura”.
“Paco gli ripeteva venti volte la base della canzone e venti volte Camarón la sbagliava”.
“Un’altra volta José, un’altra volta” gli chiedeva. Tornava a cantare male. Quando tutti i tecnici, i fratelli de Lucía, i musicisti e perfino gli addetti alle pulizie credevano che Camarón non sarebbe stato in grado di cantarla mollava un’intonazione che non era quella che Paco o Pepe gli avevano cantato, ma le superava di molto in bellezza e tensione ritmica”.
I nove temi che compongoni il disco si distribuiscono in quattro bulerías, due rumbas, un tangos, un tanguillo
ed una taranta.
I tredici anni que passano dall’uscita della “Leyenda del Tiempo” sino all’ultima opera di Camarón, “Potro de rabia y miel” si sviluppano seguendo la stessa falsa riga di produzione; una forma diversa di presentare quel che si offre come flamenco rinnovato, con l’intenzione di ampliare la fetta di pubblico che lentamente sarebbe cresciuto. Si trattava, utilizzando il supporto discografico, di stabilizzare un mercato sempre più ampio.
Se si segue l’evoluzione degli otto dischi prodotti in questo secondo periodo di tredici anni dal cantaor di San Fernando, si osserva che i canti denominati festeros predominano su quelli drammatici: con ciò il prodotto che si offre al publico si semplifica, si fa molto “digeribile”. Da qui il rifiuto dimostrato dall’aficionado ortodosso davanti a questi prodotti. L’inizio di questo nuovo punto focale della discografia flamenca fu “La Leyenda del Tiempo”, disco che, anche se è stato un flop economico, è servito per introdurre il seme delle nuove tendenze, che sono sopravvissute anche dopo la scomparsa di Camarón.
Il seme aveva dato dato i suoi frutti in una nuova categoria di aficionado al flamenco molto diverso a quello classico, ortodosso, cabal.

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Biografia di Camaron seconda parte https://mosaicoflamenco.com/biografia-camaron-2/ Fri, 23 Mar 2018 15:32:52 +0000 http://mosaicoflamenco.com/?p=9 L’incontro di Camarón con Paco L’incontro di Camarón con Paco de Lucía, per iniziativa di Antonio Sánchez Peciño, si verifica nel tablao Torres Bermejas, del quale era assiduo frequentatore il padre di Paco e...

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L’incontro di Camarón con Paco

L’incontro di Camarón con Paco de Lucía, per iniziativa di Antonio Sánchez Peciño, si verifica nel tablao Torres Bermejas, del quale era assiduo frequentatore il padre di Paco e nel quale Camarón lavorava tutte le sere.

Il cantaor di San Fernando ha lavorato in questo tablao dal 1969 al ’77.
Secondo quanto raccontava Camarón, prima del loro incontro nel Torres Bermejas si erano già visti a Jerez: “Non voleva suonare la chitarra per me. Eravamo ad una festa dei Domeq, ero con Rancapino e sono entrato lì. Gli artisti non smettevano di gridare: -Que cante, que cante. Ea que va a cantar un poquito este chiquillo-, allora mi conoscevano come Pijote.
Dissero a Paco che suonasse e Paco diceva ad Antonio Cepero: -suonagli tu-,ed io dicevo: -che nessuno suoni, suonerò io-. Ed ho cantato suonando da solo, facendola finita con tutti. E poi me ne andai via da solo. Rividi Paco tre giorni dopo e cominciammo a legare”.

Gli autori che hanno scritto sull’opera discografica di Camarón solgono dividerla in due parti.
La prima comprende il periodo 1969-1977, e si caratterizza per l’intima collaborazione con Paco, dando come frutto la produzione di nove dischi.
Tutto questo lavoro insieme è stato diretto e supervisionato da Antonio Sanchez Peciño, padre di Paco.
La seconda parte dell’opera discografica di Camarón comincia con “La Leyenda del Tiempo”, pubblicato nel 1979, e crea una rottura in tutti i sensi con tutti i lavori antecedenti.
Comincia con questo album una nuova tappa nella carriera del cantaor di San Fernando.
Ma andiamo per ordine e cominciamo coll’approfondire il primo periodo (1969-77).
I nove dischi della prima tappa si succedono con cadenza annuale e, “Furono realizzati con mezzi tecnici rudimentali; ognuno di essi fu registrato, presa diretta e livelli, in un pomeriggio nello studio di otto piste, il più piccolo della sede della compagnia Philips Fonogram”.

Nel 1969 appare il primo disco “El Camarón de la Isla con la colaboración especial de Paco de Lucía”, anche se lo si cita sempre per il primo pezzo che è una bulería,intitolata “Al Verte las Flores Lloran”, della quale si è detto che risente di una certa influenza da parte di La Perla de Cádiz.
L’aroma gaditano si può apprezzare in diversi temi e ciò è logico visto che quando è stato inciso il disco, Camarón aveva diciott’anni, ed a quell’età era normale che i cantes che interpretava fossero quelli che facevano parte del repertorio di Camarón in quel momento della sua vita. Paco de Lucía aveva in quel frangente ventun anni. Fra i pezzi del disco, si equilibrano quelli che si denominano canti drammatici con i canti di festa.
Le letras rispecchiamo motivi tradizionali, comprendendo tre bulerías, tre fandangos di cui uno de Huelva, ed un corte per ogni uno dei seguenti stili: tientos, siguiriyas, tarantas, soleá, tangos e alegrías.

Nel 1970 appare il secondo LP di questa giovane coppia di artisti, sotto lo stesso lemma dell’anno precedente. Questo nuovo disco prende il titolo dal suo primo pezzo, che è la soleà “Cada vez que nos miramos”.
A continuazione del primo disco anche il repertorio di quest’ultimo è molto variegato ed equilibrato tra temi drammatici e festaioli. Entrano nel repertorio del cantaor tre nuovi stili: la romera, la taranta e la granaina. La composizione dei pezzi figura a nome di Antonio Sanchez e in quattro brani a nome di Antonio Fernández, cioé Fosforito.

Continua a comparire l’intestazione degli anni antecedenti, “El Camarón de la Isla en colaboración…” anche nel disco che realizza nel 1971.  Il primo pezzo si intitola “Son tus ojos dos estrellas”. Predominano in questo lavoro gli stili drammatici anche se, in generale il disco si sviluppa seguendo la tonica di quelli passati.
Distacca la soleá apolá “El espejo en que te miras”.
Le letras figurano sempre a nome di Antonio Sanchez, cioé il padre di Paco.

Canastera è il successivo album della mitica coppia. Appare nel 1972 ed è motivo di forti polemiche per la reazione in quello che si potrebbe definire “il ramo ortodosso degli aficionados”; questo nuovo lavoro vuole esporre la creazione di un cante nuovo: la Canastera. Si è detto che il tema si basa su un fandango de Huelva.
Letras sempre di Antonio Sanchez.

L’opera del 1973 appare sotto il titolo di “Caminito de Totana”, titolo del primo pezzo.
Si ritorna totalmente all’ortodossia ed in nessuno dei pezzi si trascende dalla tradizione. Predominano i “cortes” con cantes caratterizzati dal tema drammatico. Letras del solito Antonio Sánchez.

“Soy caminante” è il titolo dell’album che appare nell’anno 1974, nel quale i cantes registrati si riducono a dieci invece dei soliti dodici dei dischi precedenti. Tutti i pezzi sono di Antonio Sánchez.

Nel 1975 esce “Arte y Majestad”, che viene considerato da alcuni dei biografi di Camarón come l’opera più personale del cantaor di San Fernando “in ciò che concerne la sua forma di cantare: impostazione della voce, giri vocali, peculiari melismi…”. Quest’album,il cui titolo dà il nome a una bulerías dell’opera, è dedicato al torero Curro Romero.
Letras sempre di Antonio Sanchez.

Il disco del 1976 è “Rosa María”. Torna a comparire ciò che Camarón e Paco progettavano di imporre come nuovo stile del cante, come avevano precedentemente fatto con Canastera.
Di “Rosa María” il pezzo che è diventato più popolare è il tangos che gli dà il nome.
Come novità appaiono delle sevillanas e una bamberas, stili inconsueti in bocca a Camarón. Letras di Antonio Sanchez.

Il 1977 vide l’ultimo lavoro con la collaborazione con Paco di questo loro primo periodo, “Castillo de Arena”. Il primo pezzo del disco, una bulerías intitolata “Samara”, presenta la novità di avere Camarón stesso come firmatario della letra insieme a Antonio Sánchez.
La lista di palos dell’album è varia e sintetizza i cantes che ha offerto negli anni precedenti con l’accompagnamento di Paco.

Al di fuori dei nove dischi prodotti con Paco in questo primo periodo, Camarón realizzò in forma sporadica qualche pezzo in opere collettive: “Flamencos”, realizzata da un gruppo coordinato da Antonio Arenas nel 1968; fu la prima volta che Camarón vide uno studio di registrazione, non aveva ancora diciott’anni. In quest’opera incise quattro pezzi, due bulerías, una alegría de Cádiz e una soleares. L’anno seguente collabora nel disco “La Historia del Flamenco”, prodotto da RCA. Questo disco fu concepito da Sabicas, che firmò tutti i pezzi. In questo lavoro Camarón interpreta due fandangos e due bulerias.
Opere minori sono in quell’epoca i singles di Villancicos, i canti di Natale, editi nel 1974: “La Virgen María” e “A Belén pastores”. Come curiosità, segnaliamo la sua interpretazione nel film “Casa Flora” del tema “Seré… Serenito”, nel 1973.

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Biografia di Camaron prima parte https://mosaicoflamenco.com/biografia-camaron-1/ Thu, 21 Dec 2017 22:19:39 +0000 http://mosaicoflamenco.milangotan.com/?p=1 Il Mito assoluto del Cante Flamenco: Camarón De La Isla Biografia parte prima Il giorno 12 maggio del 1992 venne presentato al pubblico l’ultimo disco di Camarón de la Isla  “Potro de rabia y...

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Il Mito assoluto del Cante Flamenco: Camarón De La Isla

Biografia parte prima

Il giorno 12 maggio del 1992 venne presentato al pubblico l’ultimo disco di Camarón de la Isla  “Potro de rabia y de miel”.
Il giorno 2 luglio successivo Camarón morì.
Al suo funerale assistettero centomila persone. Anche se Camarón de la Isla era scomparso permaneva la sua leggenda che era nata già prima che il grande cantaor morisse.
Nel libretto del disco citato si può leggere: “Perché il leggendario Camarón è molto più che uno dei più grandi cantaores di tutti i tempi. Camarón è mitologia, è un simbolo della concezione dionisiaca dell’esistenza”. “La Isla” è per antonomasia l’isola su cui sorgono Cádiz e San Fernando, che si chiama Isla de León.

José Monge Cruz, Camarón de la Isla nasce il 5 dicembre del 1950 a San Fernando, città di 88.500 abitanti nella baia di fronte a Cádiz in seno ad una famiglia gitana. Il nome Camarón (piccolo crostaceo simile a un mini gamberetto, che in italiano si chiama squilla) gli è stato dato da un suo zio perché aveva la pelle bianca ed i capelli biondi, cosa poco comune in un gitano.
Dopo una breve scolarizzazione, trascorse l’infanzia nella fucina di suo padre e, più avanti, alla Venta de Vargas, notissimo ristorante bar tradizionale e popolare di San Fernando.
Si può dire che Camarón sia stato allattato a flamenco! Era solito dire nelle sue interviste; “Mia madre mi ha partorito cantando por bulerías”. Il cante flamenco era qualcosa di naturale e quotidiano nella famiglia Monge Cruz, visto che le tradizionali feste flamenche erano abitudine in quella casa.
Cantavano suo padre e sua madre, e Camarón diceva di aver appreso il cante proprio dalla madre.
Da sua madre e dai vecchi artisti che paravano a casa sua, proprio per ascoltare figure artistiche come Pastora Pavón – La Niña de los Peines, La Perla de Cádiz, Manolo Caracol, Arturo Pavón, El Pinto ed altri numeri uno del cante, che sedevano nel patio della casa di questa famiglia da amici e cantavano.In quel giardino arrostivano carne di cavallo, bevevano vino ed ascoltavano Juana Cruz cantare le sue bulerías, i suoi tangos, i suoi fandangos, gli stessi palos che il giovane José imitava ancora in tenera età, esibendosi, adolescente, con la sua chitarra alla Venta de Vargas, per raccogliere le mance dei clienti.
Camarón cominciò a frequentare la Venta de Vargas molto presto, e lì le sue qualità canore divennero subito leggenda. Era il luogo in cui i buoni aficionados della Baia di Cádiz andavano proprio  per ascoltare il bambino prodigio del cante.
Pare che Juan Vargas, proprietario della venta che porta il suo stesso nome, insistette presso Manolo Caracol, suo amico intimo, perché ascoltasse cantare il giovane cantaor flamenco. Caracol lo ascoltò e non fece commenti. Camarón aveva allora dodici anni, la strana reazione di Caracol diede luogo ad interpretazioni  molteplici e contrastanti.
Si racconta cha a quei tempi José andasse con il suo amico Rancapino al bar gaditano El Burladero, dove entrambi cantavano per farsi conoscere e guadagnarsi qualche soldo, partecipando così alle loro prime juergas.
Si dice che Camarón cantava con Rancapino sul tram che li portava a Cádiz con l’intento di raccogliere qualche moneta, ma chi l’ha conosciuto intimamente non crede che questa sia stata la realtà dei fatti “…Quando dicono che, con Rancapino, sul tram passava col barattolo…, non è cosa accertata e soprattutto non può crederci nessuno che lo abbia conosciuto”, dice José Candado nella sua opera “Camarón, biografía de un mito”.
Si è detto anche che José vinse il suo primo premio in un concorso di canto celebrato a Montilla nel 1962, ma Candado assicura che Camarón ha partecipato invece al Quarto Festival de Cante Jondo de Mairena del Alcor, nel quale ottenne il primo premio del secondo gruppo di cantes festeros, alegrías, bulerías y soleares.
Nel 1963 durante la Feria de Sevilla, nella caseta della Venta de Vargas, Camarón  cantò al cospetto di Antonio Mairena. Mairena in quest’ occasione fu più esplicito di Caracul, asserendo: “Canta muy gitano”.
Nel 1964 Miguel de los Reyes, cantaor e direttore della Taberna Gitana di Málaga, stava cercando per i circoli flamenchi della baia di Cádiz, un giovane cantaor per il suo “cuadro flamenco”. Ascoltò Camarón e Pansequito, ma sceglie il primo.
Per farlo lavorare nonostante la giovanissima età, si dovette ricorrere allo stratagemma di una falsa dichiarazione di sua madre, nella quale si diceva che José aveva sedici anni e non i quattordici non ancora compiuti che aveva in realtà. Un’altra versione della storia ce la racconta Camarón stesso: “Cantava Pansequito con loro, ma doveva partire per la mili (lett.naja n.d.t.), quindi cercarono Rancapino, questi gli parlò di me e quindi mi misero nel cuadro. Miguel Da Los Reyes si chiuse con me nel camerino dove cantai per lui e all’uscita disse a Rancapino che avrebbe portato me e che lui non andava nemmeno a Conil (paese costiero a pochi kilometri da San Fernando n.d.t.)…!”.
Nel tablao di Miguel de los Reyes, José incontra José el Chaqueta, persona che ebbe molta influenza su di lui.
Dopo aver lavorato nella Taberna Gitana per due anni, lavora per i tre anni successivi nelle compagnie di Juanito Valderrama, Dolores Vargas e Antonio Arenas. E’ stato un periodo di autentico di rodaggio per il cantaor di San Fernando.
In quest’epoca, ecco le sue prime incisioni discografiche.
La prima avviene nella cornice di in un disco collettivo, al quale partecipano El Turronero, El Chato de la Isla ed altri membri del gruppo flamenco Cuatro Cantes, e che comprende due bulerías, una soleá ed alcune alegrías.
Posteriormente, nel 1969, torna ad incidere in un’antologia diretta da Sabicas, nella quale Camarón interpreta alcuni fandangos.
In quello stesso anno José Monge fa il salto verso Madrid, luogo dove a quei tempi si trovavano tutte le figure del flamenco: Enrique Morente, El Sordera, José Menese, Terremoto de Jerez, La Perla ed un lungo elenco di artisti centrali nel mondo del flamenco.
Si può dire che per lui comincia una nuova e fondamentale tappa della sua carriera, e non solo per il fatto di entrare stabilmente nel cuadro flamenco di un tablao di ottimo livello della capitale, ma anche perché ciò gli permise un incontro che diventerà decisivo nel corso della sua futura carriera: quello con Paco de Lucía.

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