milano | Mosaico Flamenco https://mosaicoflamenco.com Il portale italiano della cultura del flamenco Wed, 25 Jul 2018 14:50:28 +0000 it-IT hourly 1 Carmen Montañes, Eduardo Serrano Iglesias e Israel Galván https://mosaicoflamenco.com/carmen-montanes-eduardo-serrano-iglesias-e-israel-galvan/ Wed, 25 Jul 2018 14:48:59 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=208 Carmen Montañes Carmen Montañes Montoya nasce a Sevilla nel 1962. Gitana, Flamenca purosangue, cresciuta in una delle famiglie di più profonda tradizione flamenca, la famiglia Montoya, balla e canta fin dalla più tenera età....

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Carmen Montañes

Carmen Montañes Montoya nasce a Sevilla nel 1962.
Gitana, Flamenca purosangue, cresciuta in una delle famiglie di più profonda tradizione flamenca, la famiglia Montoya, balla e canta fin dalla più tenera età.
Comparve ancor bimba nello speciale che il programma televisivo di TVE “Rito y geografía del cante” dedicò ai
bambini del Flamenco.
A soli 7 anni si esibiva con la madre, Carmen Montoya, e a 9 entra a far parte stabilmente della compagnia di famiglia, Los Montoya.
A 15 anni vince il Premio Nacional de Baile flamenco, emesso dalla Cátedra de Flamencología de Jerez.
Ha partecipato alla serie televisiva “El Angel”.
Nel 2000 si è esibita alla Bienal de Flamenco di Sevilla, con la Familia Montoya, come bailaora e cantaora.
Non è una ballerina di scuola, per cui non è certo versatile, ma è molto espressiva e coinvolgente.
Canta anche negli spettacoli e la sua voce è davvero molto jonda.
Sul palco ha molta forza. E’ molto sensuale e grintosa, il suo baile è pieno di salero e riesce ad incantare il pubblico sembrando alta e bella, mentre invece è piccolina. Ovviamente, con un simile carattere, si distingue nel baile por Alegrías.

Eduardo Serrano Iglesias, El Güito

Eduardo Serrano Iglesias, El Güito

Eduardo Serrano Iglesias, El Güito

El Güito è una delle figure più significative del baile flamenco del XX secolo.
Nasce a Madrid nel 1942. Inizia a ballare all’accademia di Antonio Marín Delgado e studia con la Quica, con il soprannome di El Negüito.
Gitanello del barrio-quartiere- del Rastro di Madrid, figlio di una venditrice di biglietti della lotteria, a soli 5 anni vince un concorso per bambini al teatro Madrid. Il chitarrista Pepe Motos, che lo accompagnava, racconta che Güito era tanto minuto e piccolo che il pubblico all’inizio neppure lo aveva visto sul palco.
Debutta da professionista a 15 anni nel Ballet di Pilar López, con la quale lavora fino al 1959, anno in cui vince a Parigi il premio Sarah Bernard.
Dal 1972 al 1975 fa parte del famoso e indimenticabile Trío Madrid con Mario Maya e la moglie Carmen Mora.
Fa parecchie tournée come artista invitato con il Ballet Nacional de España, con la Compagnia di Manuela Vargas, e con il Ballet Español de Madrid.
Balla nelle edizioni del 1984 e del 1985 della Cumbre Flamenca de Madrid e realizza una grande tournée mondiale in Europa e USA con Enrique Morente, Familia Montoya e Serranito.
”Flamenco Puro” del 1989 è uno dei maggiori spettacoli di quell’epoca, nel quale l’artista si esibisce a fianco di Farruco, Manuela Carrasco, Chocolate, Fernanda de Utrera, Juan e Pepe Habichuela.

Partecipa alla Bienal de Arte Flamenco di Sevilla e alla 1ª Muestra de Flamenco Joven, nella quale si esibisce accanto a Camarón de la Isla e a Manolo Sanlúcar.

bailaores flamenchi El Güito

Eduardo Serrano Iglesias

Lavora dappertutto, collaborando con moltissimi artisti: Carmen Linares, José Mercé, Enrique Morente, Antonio Canales…
Ancora con Camarón de la Isla prende parte al Festival Flamenco di Nimes in Francia.
Presenta un omaggio a Carmen Amaya nel Festival de Música y danza di Granada.
Gli viene attribuita la cattedra di Flamencología di Jerez come miglior bailaor flamenco.
Il Festival Flamenco di Madrid gli conferisce il premio Calle de Alcalá, per i suo contributo allo sviluppo del Flamenco a Madrid.
Il suo spettacolo “Raíces gitanas” fa il giro d’Europa.
Nel 2000 presenta “Puro y jondo” accanto a Manolete alla Bienal de Flamenco di Sevilla.

Nel 2001 e 2002 partecipa a ogni sorta di galà e di festival con lo spettacolo “A puerta abierta”.

Si tratta di un artista Flamenco integrale: Maestro, coreografo, interprete.
Armonioso, elegante, sobrio e plastico il suo baile jondo, ortodosso, ha influenzato generazioni di bailores. In particolare, il suo baile por soleá ha fatto scuola e verrà ricordato nella storia del Flamenco.
Compare anche in alcuni film.

 

Israel Galván

bailaores flamenchi Israel Galván

Israel Galván

“E’ il più antico dei bailaores giovani”, dice di lui Enrique Morente. Ed è verissimo, perchè Israel Galván conosce le cose del baile antico tanto quanto è in grado di scovare un gesto flamenco nella danza butho o nello yoga o nelle arti marziali.
Fra i rigidi canoni storici e il formalismo moderno, Israel Galván si distoglie dai percorsi battuti, stravolgendo i canoni, ma per farlo usa i canoni stessi della più pura tradizione del baile flamenco, tenendo sempre in mente nelle sue creazioni il lavoro dei grandi.
Israel Galván viene ispirato per le sue creazioni da tutto ciò che lo circonda, da tutto ciò che lui “vede flamenco”, sia esso un film, una partita di calcio, una coreografia di danza classica o un quadro di Dalí.
I suoi colleghi lo adorano e siedono sempre fra il pubblico nei suoi spettacoli.
Senza dubbio il lavoro di Israel Galván ha segnato un punto di non ritorno: dopo di lui il baile flamenco si apre a nuovi orizzonti.

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Alicia Márquez  https://mosaicoflamenco.com/alicia-marquez/ Tue, 24 Jul 2018 15:17:52 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=181 Alicia Márquez Alicia Márquez inizia la sua solida formazione a Córdoba, con la Carrera de Danza española, e nella Escuela de Danza Maica. Studia Danza Spagnola alla scuola di Matilde Coral e Arte Drammatica...

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Alicia Márquez
bailaores flamenchi Alicia Márquez 

Alicia Márquez

Alicia Márquez inizia la sua solida formazione a Córdoba, con la Carrera de Danza española, e nella Escuela de Danza Maica.
Studia Danza Spagnola alla scuola di Matilde Coral e Arte Drammatica al Conservatorio di Sevilla.

Studia balletto classico al Centro Andaluz de Danza a Sevilla.

Balla, giovanissima, nei film “Sevillanas”(1992) e “Flamenco” (1995) di Carlos Saura, e nel programma “Cavilaciones” di Pilar Távora trasmesso da Canal Sur.
Nello stesso anno entra nel corpo di ballo della Compañía Andaluza de Danza de la Consejería de Cultura de la Junta de Andalucía e balla negli spettacoli  “De lo flamenco” e “Requiem”. Nel 1996, balla come solista in «Tientos tangos» e in “Suite Iberia” di Manolo Marín e in “El perro andaluz” di María Pagés; si esibisce anche per la inaugurazione dei Giochi Olimpici di Inverno di Granada.
Nel 1998 continua a lavorare per la Compañía Andaluza de Danza, sotto la guida di José Antonio, e balla nella coreografia “La vida breve” al Teatro Real di Madrid.

Sempre nel 1998 balla alla Bienal de Flamenco di Sevilla con lo spettacolo “Amor Brujo” di Rafael Aguilar e Matilde Coral.

Nel 1999 balla in vari spettacoli: di nuovo “El perro andaluz” di María Pagés, “Latido flamenco” di Manolete, “Cosas de payos” di Javier Latorre, “Turina” di José Antonio, e “Ramito de locura” di Javier Barón.
Nel 2000 balla alla Bienal de Flamenco di Sevilla nello spettacolo “Bachdaliana”, un’interessante ricerca sui legami e il confronto fra il Flamenco e l’opera di Bach, per la musica di Paco Arriaga e le coreografie di Fernando Romero, accanto alla bailora Isabel Bayón. Da anni ha a Sevilla una scuola di flamenco, in Calle Cantabria 7,che è una vera istituzione per tutti gi stranieri appassionati i baile che amano quella città, in cui insegna con la sorella Rocío.

 

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Adrián Jorge Caviglia Marcioni https://mosaicoflamenco.com/adrian-jorge-caviglia-marcioni/ Tue, 24 Jul 2018 15:01:30 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=171 Adrián Jorge Caviglia Marcioni, Adrián Galia Nasce a Buenos Aires in Argentina, nel 1965, in seno ad una famiglia di ballerini. Sua madre è La China. Inizia a studiare baile nella scuola del Ballet...

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Adrián Jorge Caviglia Marcioni, Adrián Galia
bailaores flamenchi Adrián Jorge Caviglia Marcioni

Adrián Jorge Caviglia Marcioni

Nasce a Buenos Aires in Argentina, nel 1965, in seno ad una famiglia di ballerini. Sua madre è La China.
Inizia a studiare baile nella scuola del Ballet Nacional de España, diretto dal grande Antonio.
Nel 1982 entra nel Ballet Español de Madrid, e lavora a fianco di José Antonio, Merche Esperalda, El Güito, José Mercé y Emilio de Diego.
Nel 1988 entra nella compagnia Teatro de Danza Española diretta da Luisillo, sempre nell’ 88 partecipa al Galà “Geants de la Dance”, al teatro degli Champs Eliysées di Parigi, riportando notevole successo, con la “Compañía de Adrián Galia, Lola Greco y Joaquín Cortés”.
Nel 1989 fa parte del Ballet Teatro Español di Rafael Aguilar, nel 1991 partecipa al Galà delle Stelle, insieme con aristi del calibro di Peter Schaufuss, Silvie Guillém y Maya Plisetskaya. Partecipa al primo Galà della Danza di Mosca, nel quale balla accanto a Maya Plisetskaya, Vladimir Vasiliev e la Makarova.
Nel 1992 balla al teatro degli Champs Eliysées ddi Parigi, accanto a Patrick Dupont e Julio Bocca.
Sempre nel 1992 vince il Premio del “I Certamen Internacional de coreografía de Danza Española y Flamenco de Madrid”. Cristina Hoyos lo chiama come primo ballerino e coreografo nella sua compagnia con lo spettacolo “Caminos Andaluces”.
Nel 1994 presenta con la sua propria compagnia “Compañía de Flamencos Adrián Galia” lo spettacolo  “En Clave Flamenca”, nel Festival Madrid en Danza, al Teatro de la Abadía.
Nel 1995 balla alla presentazione del disco “Omega” di Enrique Morente con il gruppo rock Lagartija Nick, basato su testi di Federico Garcia Lorca.
Nel 1997 con la sua compagnia presenta lo spettacolo “Pensando en Flamenco”,  che ottiene grande successo.
Sempre nel 1997 produce la collezione di video “Paso a Paso los Palos del Flamenco”, la prima enciclopedia pedagogica  audiovisiva sul baile flamenco, composta di ben 21 video, dedicati ognuno ad un diverso palo, in co-produzione con la rivista Flamenca giapponese “Paseo” ed edita anche in Spagna  con il titolo “Sentir Flamenco”. I video si basano sulla sua esperienza di insegnamento, e mostrano l’intenzione di fornire a chi balla il training fisico necessario.
Il suo gusto è senza dubbio rivolto verso un baile elegante, stilizzato, nel quale è evidente la base di danza classica.

 

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Adela Silvia Campallo https://mosaicoflamenco.com/adela-silvia-campallo/ Tue, 24 Jul 2018 14:52:00 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=167 Adela Silvia Campallo nasce a Siviglia nel 1977, nel quartiere molto legato al Flamenco che si chiama Cerro del Águila. Inizia la sua formazione nell’Accademia di Manolo Marín per poi studiare con José Galván, ma a...

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Adela Silvia Campallo

Adela Silvia Campallo

Adela Silvia Campallo nasce a Siviglia nel 1977, nel quartiere molto legato al Flamenco che si chiama Cerro del Águila. Inizia la sua formazione nell’Accademia di Manolo Marín per poi studiare con José Galván, ma a soli 15 anni cominciò a fare spettacoli in giro per il mondo, per cui il tempo che poteva dedicare allo studio era davvero poco e discontinuo. In realtà la sua formazione fu più che altro la famiglia stessa. Proviene da una famiglia legata al Flamenco, da una famiglia di artista: uno zio e un prozio paterno,la madre stessa canta, pur non essendosi mai esibita in pubblico. Ha molti fratelli, e tutti hanno cominciato da piccoli a cantare, ballare e suonare. Ben presto formarono il gruppo della famiglia Campallo “Campayo”, quando Adela aveva solo 9 anni.
Nella sua famiglia si fa juerga, da sempre, anche senza bisogno di occasioni particolari. E’ sufficiente che qualcuno suoni… ed ecco che la danza travolge tutti, e a farne le spese è il pavimento di casa…
Ha insegnato nell’Accademia di Manolo Marín e in quella di Javier Cruz a Siviglia, e in parecchi paesi stranieri.
Ha ovviamente continuato la sua formazione artistica collaborando con flamenchi del calibro di Eva la Yerbabuena, Antonio Canales, Javier Barón, il suo stesso fratello Rafael Campallo, Adrián Galia e Manolete.
Ha preso parte a numerosi spettacoli, fino ad entrare nella Compañía Andaluza de Danza e poi in quella di Manuela Carrasco e del Torombo.

Adela Silvia Campallo

Adela Silvia Campallo

Per molti anni ha lavorato con Andrés Marín e si è fatta le ossa in moltissimi tablaos di Sevilla, Barcelona e Tokio.
Alla Bienal di Siviglia nel 2002 è arrivata seconda, misurandosi in dirittura d’arrivo con Mercedes Ruiz.
“Mia madre non mi ha mai cantato una ninna nanna. Mi cantava la Soleá di Triana”, dice in  un’intervista, per simboleggiare quanto il Flamenco sia stato e sia per lei la sua stessa vita.

Dotata di grande presenza e di uno stile molto personale, sulla scena è estremamente interessante e di sicuro fascino. E’ sicuramente una delle figure più interessanti del panorama attuale. Fra l’altro è anche una donna di una bellezza particolare, unica. 

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José Torres Garzón https://mosaicoflamenco.com/jose-torres-garzon/ Tue, 24 Jul 2018 14:38:47 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=162 José Torres Garzón, Pepe Pinto, Sevilla, 1903-1969. Sposato con La Niña de los Peines. La prima volta che cantò in pubblico fu nel ‘Café Novedades’ della sua città natale, verso il 1917, insieme ad altri due...

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José Torres Garzón, Pepe Pinto,
Sevilla, 1903-1969.

cantaores di flamenco José Torres Garzón

José Torres Garzón

Sposato con La Niña de los Peines.
La prima volta che cantò in pubblico fu nel ‘Café Novedades’ della sua città natale, verso il 1917, insieme ad altri due giovani che sarebbero divenuti anch’essi figure del cante: El Carbonerillo e Pepe Marchena.

Si dedicherà professionalemente al flamenco dal 1927, realizzando le sue prime registrazioni e tournée con gruppi di artisti. Venne contrattato dalla Niña de los Peines per uno spettacolo presso il teatro del Duque di Siviglia nel quale parteciparono anche i ballerini Rosario ed il mitico Antonio, che allora formavano una coppia che si chiamava ‘Los Chavalillos’.
Contrasse matrimonio con Pastora Pavon nel 1931 e l’anno seguente percorsero la Spagna dirigendo un gruppo di opera flamenca con la collaborazione di Pepe Marchena, nel 1935 rifecero il giro questa volta con El Sevillano e Canalejas del Puerto Real.

Dopo la parentesi della guerra civile nel 1939 continuò a girare tutta la Spagna con diversi gruppi, interviene nel 1940 ne ‘Las Calles de Cadiz’ interpretata dalla canzonettista Concha Piquer. A continuazione presenta durante varie stagioni il suo spettacolo ‘Solera de España’ in vari importanti teatri. Nel 1949 inaugura ‘España y su Cantaora’ dove riappare Pastora Pavon.
Altri dei suoi spettacoli rappresentazione della situazione spagnola degli anni cinquanta furono ‘Del corazón a los labios’, ‘Escalera de Canciones’ e ‘Así canta Andalucía’. Seguirono nuovi titoli negli anni sessanta: ‘Ronda de domingo’, ‘¡Tele y olé!’ e ‘Coplas y Toros’,  con Pastora Pavon e Juanito Valderrama nella maggior parte di loro.

Scompare il 6 di novembre del 1969, a causa di un’emorragia intestinale. Cantaor di ampio repertorio, conobbe ed interpretò i canti basici, sviluppo dei Fandangos molto personali; compaginò il tutto con canzoni afflamencate, che diventarono molto popolari tra il grande pubblico arrivando forse però ad affrire una versione troppo teatrale del flamenco.
Alcuni critici gli danno pesantemente contro, Anselmo González Climent scrive:
‘Ha abusato dell’appoggio letterario, il suo recitare stracco, inarmonioso e sopratutto extraflamenco ha svenduto ciò che veramente poteva interessare di lui.’

Altri invece cercano di contestualizzare nel momento storico le vicissitudini che hanno portato Pepe Pinto a scegliere una certa strada, Ricardo Molina scrive: Molte volte le circostanze avverse impediscono all’artista di manifestare la pienezza della sua arte.
Sono quindi in pochi a conoscere il valore immenso delle sue Malagueñas e delle sue Siguiriyas. Meno ancora coloro che sono a conoscenza della sua profonda e misteriosa conoscenza delle tecniche, dei meccanismi intimi, delle molle segrete e delle chiavi ineffabili del cante flamenco: Pepe Pinto fu uno di questi.’

cantaores di flamenco José Torres Garzón

José Torres Garzón

Manuel Ríos Ruiz: ‘Ci sono artisti che non sono destinati a compiere il proprio destino, e nel genere del flamenco Pepe Pinto è uno di costoro. Ascoltandolo all’interno dei canoni, delle leggi scritte dalla tradizione, con il suo conoscimento del cante e le sue qualità vocali, può non sembrare vero che diventò famoso con la sua perorata in versi narrativi tra una solea e un fandango. Non aveva bisogno di nessuna aggiunta per essere ascoltato dai meno iniziati, per avere comunque un gran pubblico, la sua voce melliflua e gradevole offriva la jondura del cante in un modo che sarebbe stato comunque raggiungibile a tutti.’

Non si può negare che abbia acquisito rinomanza sposandosi con Pastora Pavon, da lei e da suo cognato Tomas apprese vari stili aggitanati, ma già di per se Pepe Pinto fu un artista privilegiato: il gran numero dei suoi fandanguillos erano autentiche originalità che hanno creato uno stile all’interno di questi canti.

Secondo sue stesse dichiarazioni Pepe Pinto avrebbe voluto essere un attore, quella sua intrinseca vocazione, la voglia irrefrenabile che lo spingeva a recitare, col tempo diventò
enormemente popolare in composizioni un po’ sentimentaloidi come ‘Trigo Limpio’; ‘La chiquita piconera’ e ‘Toíto te lo consiento’, arrivando ad essere grandi successi discografici e radiofonici che hanno inevitabilmente distorto il destino di un cantaor rimasto oscurato nei suoi valori legittimamente flamenchi, valori che corrispondevano a profonde conoscenze di quest’arte.

The post José Torres Garzón first appeared on Mosaico Flamenco.]]> Tomás de Vargas Suárez https://mosaicoflamenco.com/tomas-de-vargas-suarez/ Tue, 24 Jul 2018 14:33:00 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=159 Tomás de Vargas Suárez, Tomás el Nitri Nacque presumibilmente a El Puerto de Santa María in provincia di Cádiz nel 1850, sconosciuta la data ed il luogo della sua morte. Nipote di El Fillo,...

The post Tomás de Vargas Suárez first appeared on Mosaico Flamenco.]]> Tomás de Vargas Suárez, Tomás el Nitri

Nacque presumibilmente a El Puerto de Santa María in provincia di Cádiz nel 1850, sconosciuta la data ed il luogo della sua morte.
Nipote di El Fillo, Juan Encueros e Curro Pabla.

Cantaores flamenco Tomás de Vargas Suárez

Tomás de Vargas Suárez 1850

Avvolto nella leggenda e da una serie di contraddizioni ad iniziare dal suo luogo di nascita: esistono opinioni che lo considerano originario di Cádiz, Arcos de la Frontera, Jerez de la Frontera e Puerto Real con grosse polemiche tra gli investigatori. Quanto alla sua morte, la tradizione orale egualmente si contraddice: alcuni sostengono che sia morto giovane di tubercolosi ed altri lo negano.
Stessa situazione per quanto riguarda le circostanze del riconoscimento ad El Nitri della prima storica ‘Llave de Oro del Cante’. La versione più divulgata di questo avvenimento è che la ricevette nel 1868 nel ‘Café sin Techo’ di Málaga dalle mani di Manuel Pérez de Guzmán; esiste però un’altra versione che vuole la consegna a Jerez de la Frontera. Pare che Antonio Mairena abbia detto che la versione veritiera sia quella jerezana, con la consegna ad opera di Manuel Molina e Juan Junquera.

Del Nitri, conosciuto anche come El Nitre o El Mandanga, si raccontano aneddoti bizzarri, alcuni di difficile credibilità come il fatto che cantasse solamente in riunioni di amici e familiari e mai in competizione con altri cantaores professionisti.
Ciò che appare certo è che sia vissuto da giovane a Cádiz poi ad Alcalá de Guadaira, in altre località sivigliane ed a Málaga.

Un’altra delle curiosità che circondano El Nitri è il suo rifiuto di cantare alla presenza di Silverio Franconetti per non dargli a conoscere i canti ereditati da suo zio El Fillo, canti che comunque fecero parte del repertorio del cantaor oriundo italiano.

A fronte di circostanze sconosciute Tomás El Nitri ha vissuto sin da bambino con suo zio Francisco Ortega, il leggendario El fillo, artefice costui anche dell’iniziazione al cante di Silverio Franconetti. Potrebbe quindi essere questa la chiave di volta della rivalità tra Franconetti ed El Nitri. Chi difese il primo disse di un complesso di inferiorità da parte del Nitri, ma pare che il motivo fosse molto più complicato e profondo: le relazioni di stampo familiare che legavano Franconetti con El Fillo furono troncate repentinamente, non è dato saperne il motivo, ma pare fu a causa di una tragedia familiare. Fu così che Silverio Franconetti emigrò nelle Americhe dove si stabilì per diversi anni. Durante questo periodo invece Tomás El Nitri restò accanto a suo zio, apprendendo e finendo con l’ereditare la sua scuola. Al ritorno di Franconetti, El Fillo era morto. Pare quindi che costui avesse grande interesse ad ascoltare El Nitri dal momento che, vista l’epoca che stiamo trattando, era l’unico modo di rinfrescarsi la memoria sui canti e lo stile del suo antico maestro. Da qui si spiega quindi la reticenza di Tomás ad esibirsi all’orecchio di Silverio.
Ci furono poi tra i due radicali differenze: Tomas El Nitri era un cantaor specialista, la sua peculiarità erano le Tonás e le Seguiriyas (Franconetti al contrario fu un enciclopedico), radicato nella tradizione ereditata da suo zio sicuramente ne migliorò i canti, purtroppo della grande varietà dei suoi testi solo tre o quattro sono arrivati sino a noi, dalla disarmante semplicità ma allo stesso tempo grandezza: «Oleaítas e la ma furiosa / que fuertes venés / y a la probe mare de mi alma / no me la traé»; «Arbolito der campo / riega el rocío / como yo riego las pieras de tu calle / con el llanto mío».
Bohemien di temperamento, errabondo, trascinato dalla costante inquietudine e dalle insaziabili ansie della sua immaginazione, ha attraversato regioni e città dipingendo il cante attraverso le angosce dell’isolazione del suo animo, che si sentì solo, straniero, in mezzo all’umanità: “La pastora divina / venga en mi compañía, / que me veo sin calor de nadie / y en tierra mu extraña”.

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Manuel Agujetas https://mosaicoflamenco.com/manuel-agujetas/ Tue, 24 Jul 2018 14:22:57 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=152 Manuel Agujetas Nome artistico del cantaor Manuel de los Santos Pastor, nato in una località fra Rota, Jerez o Mesas de Asta, in provincia di Cádiz, in una data fra il 1939 e il...

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Manuel Agujetas

cantaores di flamenco Manuel Agujetas

Manuel Agujetas

Nome artistico del cantaor Manuel de los Santos Pastor, nato in una località fra Rota, Jerez o Mesas de Asta, in provincia di Cádiz, in una data fra il 1939 e il 1945. I documenti non sono chiari, date le sue origini gitane: Agujetas stesso si vanta di “avere meno carte di un coniglio di campagna”.
Nasce in una famiglia di cantaores, imparentata con El Chalao e i Rubichi, nomi importanti che indicano un flamenco che viene dalla notte dei tempi della storia di Jerez, e in particolare del quartiere di San Miguel, della “Plazuela”, culla di tanti cantaores, forse culla stessa del flamenco di Jerez. Figlio di Agujeta El Viejo, abbandonò il suo lavoro di fabbro per potersi dedicare al cante dopo aver inciso, nel 1970, il suo primo disco.
In seguito si esibisce a Madrid, al Tablao Café de Chinitas, in collegi superiori (Ateneo de Madrid e Club Urbis), cantando in recital, peñas e festival flamenchi.
Nel 1977 ottiene il premio Nacional de Cante de la Cátedra de Flamencología.
I suoi spettacoli da allora si alternano fra Spagna e America, specialmente a New York e in Messico.
Riguardo la sua personalità artistica ha scritto Manuel Ríos Ruiz: “Per prima cosa c’è la sorpresa. Asoltare El Agujeta è, per qualunque buon cabal, come porsi di fronte all’insolito. Occorre ritornare al passato, riportarsi con tutta la nostra capacità di sensibilità e di dar valore ai tempi gloriosi del cante flamenco, agli anni di inizio secolo; chiudere gli occhi e credere nella resurrezione di Manuel Torre. E poi aprirli e rendersi conto che il tempo non è passato. Perché El Agujetas lo mantiene fermo, intrappolato nella sua gola. Chi ha detto che il cante jondo sta morendo? Che si rimangi la parola in fretta! Il cante non si può perdere. Lo porta avanti un gitano di Jerez che la Natura ha dotato di un tesoro di sentimenti, per desiderio di Dio. Appena sceso dal treno già sale sul palco. Manuel de los Santos ha avuto in eredità da suo padre il nome e la tradizione del cante, accoppiata con il lavoro di fucina. I calli testimoniano la sua vita su ambedue le mani, quelle stesse che oggi conferiscono al cante plasticità, che officiano un rito ancestrale, mosse dall’impulso del cuore sugli accordi della chitarra.
El Agujeta ha lasciato la sua fucina trascinato dall’urgenza di essere gente, come egli stesso dice. E per il bene del cante. E’ in un autentico stato di purezza. Canta e si consegna alla legge. Nessun ricorso a professionalismi, né a facili stupori. Nessuna affettazione. Nessun manierismo. El Agujeta è una voce nuova dalle più arcaiche risonanze, che apporta la rivalorizzazione autentica di un clima inconfondibile, gli echi dell’antichissima scuola jerezana, quella del mestro Manuel Molina, quella che seguirono El Marrurro, Mojama, Tío José de Paula, quella che ebbe il suo massimo fulgore in Manuel Torre. Con El Agujeta questo cante prenderà nuovo vigore e ritornerà a brillare della sua qualità intrinseca di arte geniale che non si può imparare”.

Flamenco Manuel Agujetas

Manuel Agujetas

Antonio de Villarejo commentò, molti anni fa, con queste parole uno dei suoi recital:
“Parecchi aficionados erano curiosi di ascoltare nuovamente El Agujeta. I suoi suoni antichi, il suo terribile grido, la sua forza e quella capacità di trasportare con la sua musica oltre i secoli sono qualità che diventano sempre più rare, soprattutto nei cantaores che hanno meno di quarant’anni, come nel suo caso. Cantaor vivace e anarchico, che usa solo appena far ricorso a lenitivi, ha la sua forza nei cantes a palo seco e nelle siguiriyas, cante nel quale si esibì in questa occasione,  raggiungendo momenti di massima emozionalità.”.

Nel 1987, in seguito ad una grave malattia, gli venne tributato in omaggio, a Jerez de la Frontera, uno spettacolo di beneficienza, offerto dal poeta Manuel Ríos Ruiz, al quale presero parte importanti artisti.
Successivamente ha inciso parecchi dischi, benché preferisca, come tutti i cantaores del suo stile, esibirsi in peñas e tablaos. In particolare si ricordino un’incisione del 1972, dal titolo “Viejo cante jondo” e un’altra del 1998, registrata dal vivo nel tablao La Soleá di Madrid, dal titolo “Agujetas en la Soleá”.
Nel 1995 compare nel film “Flamenco” di Saura, nel quale canta por martinete.
Nel 2000 esce un cortometraggio su Agujetas, nel quale egli stesso descrive con crudezza la sua vita, le sue sofferenze, la sua filosofia di uomo del popolo gitano, analfabeta, che ha faticato a costruire tutto ciò che ha. Il video si intitola “Agujetas Cantaor”, opera del regista Dominique Abel, cineasta francese, ed è stato prodotto in Francia.

Cantaores flamenco Manuel Agujetas

Manuel Agujetas

L’attrazione nei confronti del suo cante è analoga  a quella che si può avere nei confronti di un film dell’orrore: i suoi suoni sono stridenti, senza nessuna trasgressione alla forma, all’estetica o alla piacevolezza, “sonidos negros”, suoni neri, qualcuno li definisce.
Sia nella vita personale che nel cante fa mostra di ribellione, facendo della libertà la sua bandiera.
Ha fama di avere un carattere molto complicato, intransigente, che genera un modo di “dire” il cante, un modo serio, sobrio: canta esattamente come gli pare, senza curarsi dei toni, né del compas.
Il suo cante è tutto il contrario di frivolo o superficiale. Fin dalla prima nota, ci trasporta in nun mondo suo, diverso da qualunque altro, nel quale è chiaro che non si può restare indifferenti: o ti coinvolge completamente o ti inquieta profondamente.
Nessuno sa come suonassero le voci dei cantes antichi, primigeni, però ascoltqare la voce di Mnuel Agujetas dà l’impressione di ritornare indietro nel tempo. Come il mitico Manuel Torre, Agujetas possiede un tipo di voce che è un grido, un grido di dolore, di angoscia. Nel suo cante prospera la bandiera del cante fuori tono, tipica di Jerez, sfacciatamente contollata, che crea il senso del cante primitivo.
Tutti i palos si trasformano completamente quando li canta lui. La sua specialità assoluta è il cante por Martinetes, come è logico pensare che sia, date le origini della sua famiglia, di fabbri professionisti del barrio di San Miguel.

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Manuel Ortega Juárez https://mosaicoflamenco.com/manuel-ortega-juarez/ Mon, 23 Jul 2018 16:43:57 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=144 Manuel Ortega Juárez, Manolo Caracol.  Sevilla 1909-Madrid 1973. Agli inizi fu conosciuto anche col nome di Niño de Caracol. Discendente di El Planeta. Iniziato da bambino all’arte flamenca. Nel 1922, a dodici anni, vince...

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Manuel Ortega Juárez, Manolo Caracol.

 Sevilla 1909-Madrid 1973.

Manuel Ortega Juárez

Manuel Ortega Juárez

Agli inizi fu conosciuto anche col nome di Niño de Caracol. Discendente di El Planeta. Iniziato da bambino all’arte flamenca. Nel 1922, a dodici anni, vince il primo premio del celebre concorso di Cante Jondo di Granada a parimerito con Diego Bermúdez, El Tenaza di Morón de la Frontera che in quel momento viaggiava per i settanta.
Questo concorso venne organizzato da Federico García Lorca e Manuel de Falla, don Antonio Chacón fu presidente della giuria. A seguito si presenta nella sua Siviglia sempre insieme al Tenazas ospiti del teatro Reina Victoria, vi farà ritorno un mese dopo per cantare insieme a don Antonio Chacón. Nello stesso 1922 debutta a Madrid presso il Teatro Centro. L’anno seguente realizza una tournée in tutta Spagna sempre insieme a don Antonio Chacón, Manuel Torre, El Gloria, Manuel Centeno ed altre figure di rilievo dell’epoca. Nel 1925 continua a girare la Spagna e canta a Madrid nel Teatro Pavón, in compagnia di La Niña de los Peines, Pepe Marchena ed El Cojo de Málaga in un concorso di cante. Nel 1930 forma lo spettacolo “Luces de España” insieme a La Niña de los Peines, Custodia Romero, Rafael Ortega Monje e Pastora Imperio.
Anni dopo i primi trenta, conclusasi la guerra civile, prende parte allo spettacolo “Cuatro Faraones” con El Sevillano, Juanito Valderrama e Pepe Pinto e con, in una stagione, la presenza in cartellone di Concha Piquer. Forma coppia nel 1943 con Lola Flores, presentando lo spettacolo “Zambra”, di Quintero, León e Quiroga, con il quale, partendo da Madrid, viaggerà in tutta Spagna durante vari anni fino al 1951.
Durante questi anni diventa l’artista flamenco più popolare in special modo per le sue Zambras oltre che per altri canti da orchestra e con la diffusione delle sue registrazioni; è così che crea una autentica scuola !
Dopo l’immancabile tournée in America, come si usava allora, che realizza con Pilar López nel 1951, inaugura il suo spettacolo “La Copla Nueva” per presentare al pubblico sua figlia Luisa come canzonettista e cantaora.

cantaores di flamenco Manuel Ortega Juárez

Manuel Ortega Juárez

‘Color moreno’, ‘Arte Español’ e ‘Torres de España’, sono i titoli degli spettacoli ai quali partecipa in compagnia di sua figlia fino al 1957. Il 1958 resta segnato dalla pubblicazione della sua antologia discografica
‘Una historia del Cante’, commentati dal Professor Manuel García Matos. Gira tutta l’America Latina, andando avanti per tre anni.
Nel 1961, attua nel ‘Teatro Calderón’ di Madrid, cantando per la bailaora Pilar López. Viene inaugurato lo spettacolo ‘La copla ha  vuelto’, con Luisa Ortega e Arturo Pavón.L’anno seguente canta nel tablao di Madrid Torre Bermejas in compagnia dei suoi figli. Nel 1963 inaugura il suo tablao, tuttora celebre, Los Canasteros intorno al quale da quel momento incentrerà il suo percorso artistico. Ciò avviene con figure importanti come Carmen Casarrubios, Curra Jiménez, La Polaca, sua figlia La Caracola, María Vargas, Trini España, La Perla de Cádiz, Gaspar de Utrera, Melchor de Marchena, Orillo, Paco Cepero e Terremoto de Jerez.

Nel 1965 gli viene concessa la ‘Medalla de Oro de la II Semana de Estudios Flamencos de Málaga’, con un tributo al quale partecipano una moltitudine di scrittori e artisti tra cui Pastora Imperio e Pilar López. Un anno dopo , nel Teatro Villamarta di Jerez de la Frontera, la giunta della ‘XIX Fiesta de la Vendimia’ gli tributa un omaggio consegnandogli una targa commemorativa. A madrid viene insignito dell’ordine di ‘lsabel la Católica’.

Registra il suo ultimo disco  nel 1972 con il compiersi del cinquantenario della sua carriera artistica, il disco comprende il suo fandango di congedo. Scompare a causa di un incidente automobilistico nel febbraio del 1973. La messa a dimora delle sue spoglie costituisce una grande manifestazione di partecipazione al dolore in tutto il paese, è così che cominciano a essere dedicati alla sua memoria i festival flamenchi di diverse città andaluse, cosiccome con i corsi della ‘Cátedra de Flamencología’ di Jerez de la Frontera e la ‘Fiesta de la Bulería’, a Mijas una strada porta il suo nome.

cantaores di flamenco Manuel Ortega Juárez

Manuel Ortega Juárez

 Manolo Caracol era un ‘cantaor largo’ come dimostra la sua ampia discografia. Era orgoglioso di aver dato dignita all’arte flamenca nella sua versione teatrale. Partecipò ai film ‘Un caballero famoso’ e ‘Jack El Negro’ oltre ad essere stato protagonista con Lola Flores ‘Embrujo’ e ‘La Niña de la Venta’. Vari poeti del calibro di Antonio Murciano, Rafael de León, Félix Grande, Antonio Hernández, Manuel Ríos Ruiz y Manuel Benítez Carrasco gli hanno dedicato numerose composizioni. A continuazione pubblichiamo in lingua originale le testimonianze di numerosi esperti e flamencologi sul cante e sulla vita di Manolo Caracol.

Anselmo González Climent: «Manolo Caracol está casi desligado de toda externidad amable. Va directamente al rajo angustioso y denso del jipío. Nada de flatus vocis al uso operista. Parece cante de aljamía. Sin embargo, hasta sus locuras conservan un hálito afiligranado de gracia plástica. Con el sólo ejemplo de Manuel Caracol se puede hablar de lo que buenamente puede entenderse por perfección flamenca. Siendo historia, y de lo mejor, Manolo Caracol es ante todo vida fluyente, devoradora… Sus jipíos -enteros, viriles, verosímiles- son negras bocanadas de jondura que atraen e incluso anonadan. Caracol infunde a la totalidad expresiva un sostenido impulso de jondura y de desgarro vital».

Gregorio Corrochano: «¡dichosos los que saben rezar cantando, como Manolo Caracol!». Antonio Murciano: «El cante de Manolo Caracol está hecho mitad de sombra y mitad de luz y su eco, único y gitanísimo, deja en los aires el llanto de la noche de los tiempos y el recuerdo del grito del primer día del mundo. Su voz me escalofría, me hace llorar, reír, morir y vivir. Me honro con su amistad y, flamencamente, me considero caracolero hasta los tuétanos».

Don E. Pohren: Para nosotros es en la reunión, en la fiesta, en el esplendor de la juerga, es donde mejor se aprecia el eco aguardentoso y el rajo de la garganta de Caracol en sus gitanas entregas por siguiriyas, soleares, bulerías, tangos y martinetes, hasta que él y sus amigos quedan transportados por la emoción. Es durante estas sesiones donde Caracol permite recorrer en libertad a su genio en una demostración sin precio de lo que es real y verdaderamente el cante gitano».

Carlos Murciano: «Ha pasado medio siglo. Sigue en pie el hombre. Sigue en pie -de pena, de embrujo- la voz. Manolo Caracol canta. Es un niño de once años. Es un hombre muy viejo, sin edad. Es una voz tan sólo. Una voz muy antigua, ensolerada, con duende, con esos sonidos negros con que Manuel Torre deslumbraba a Federico, el poeta… Manolo Caracol canta y el duende le asoma por la reja de los dedos o por el balcón de un tercio que se afila de pronto o por la azotea de un grito que se troncha al nacer estremecedoramente. Llora la voz madura del gitano, que ayer se adelantaba -niña- en intuiciones y hoy se tensa y se carga de nostalgias, de entrañables ausencias».

Julio Mariscal: «La voz de Manolo Caracol es como un gran sauce de luces y sombras, de alegrías y de penas; Una voz ancestral, única, distinta; una voz para el recuerdo».

Juan de la Plata: «Y canta. Y cantó con esa voz suya, con ese eco tan suyo, tan antiguo, tan flamenco, tan gitano, tan único. Eco de Caracol, de caracola marina, sonando a maravilla por siguiriyas, por fandangos, por malagueñas, por bulerías».

Manuel García Matos: «En la interpretación del auténtico y serio cante flamenco, Manolo Ortega, resitúa las hondas expresiones de este arte excepcional en el cimero y difícil punto a que las llevaron los más conspicuos maestros de la edad áurea de dicho arte… Pedidle sólo que os entone un simple y breve ¡ay! flamenco; veréis fluir de su garganta la onda llameante y estremecida de un sollozo que os penetra y conmueve, aunque no queráis. Sensible en grado máximo para el flamenco cante, casi no sabe emitir palabra del mismo sin poner en ella calor vital de emoción muy sentida. De esta forma, sus interpretaciones de lo flamenco son siempre vividas y crepitantes, al par que de una expresividad sobrecogedora… Respetando sabiamente las líneas melódicas de los cantes, lo que en ellas debe ser considerado como fundamental e intangible, las amplía y hermosea con agregaciones de motivos, adornos y rasgos de estilo personal, que en algunos casos imprimen a los cantes una fisonomía de apariencia nueva. Estos añadidos siempre resultan recreadores, inspirados y cargados de sentido. De continuo traducen latidos del sentimiento o bien refuerzan la expresión, haciéndola más intensa e incisiva. Efectos semejantes únicamente pueden y saben producirlos los intérpretes superdotados. En este terreno, Manolo Caracol no ha sido jamás superado por nadie».

Manuel Díaz Crespo: «El cante de Caracol es un cante de inspiración. Como lo fue el de Manuel Torre, aquel jerezano sabio que tenía tanto de faraón. Hasta tal extremo esto de la inspiración es cierto, que Manolo Caracol espera al duende, como el torero espera al toro. Sale el cantaor al tablao como el matador sale al ruedo, sin saber cómo va a embestirle el toro. En este sentido, Caracol espera al duende. ¿Por dónde me va a salir?, se pregunta… Caracol improvisa sobre la marcha. Lo cita, acude y le da sus tamices al compás de los tercios de cada cante. Hasta tal extremo que Caracol improvisa hasta la letra».

Julio Coll:«Han oído alguna vez a Manolo Caracol cantando fandangos? Si no lo ha oído, hágalo enseguida. Escuchen atentamente su entrada y descubrirán que no hace falta mucha erudición para especular sobre el origen moruno de los cantes grandes del país de la Macarena. Su forma de respirar y de decir, cuando dice conteniendo la respiración; la forma de soltar las palabras en medio del ahogo de sus ayes, que son una delicia dramática de bueno y sofocante cantaor. Hay mucho sol de patio andaluz en su cante. Ese sol oblicuo que recorta la sombra como un gran trazo negro… Manolo Caracol es mi gran tipo como artista… ¿Y su malagueña? Cuando Manolo adelgaza la voz y le da como una curva descendente a su cante, para pronto reconciliarse con la guitarra en un alto empujón en forma de espiral -esa es la sensación-, sus malagueñas son una delicia. Y cuando entra por tientos, con el fino, tiento de su gran clase como cantaor, Manolo Caracol pone la piel de gallina. Cañas, soleares y bulerías, acompañadas por la guitarra de Melchor de Marchena, cuyo son tiene la calidad de un bajorrelieve, Manolo Caracol deja el vivo recuerdo de su gran valía… Desgarrada, fosca, quebrada y refulgente -que todos los adjetivos son aplicables a ese genio del cante-, la marca de Caracol es indeleble. Su voz personalísima, su (¡eje inconfundible y su forma de agarrar el aire para entrar en el cante de la marca que sea, hacen de él una pieza única y muy destacada. El famoso Iiiiu, iu, iiiu, iu, iiiiu…/ liiiiiiiiuuuu… de su famosa caña, es algo que se recuerda con admiración. Gran improvisador, Manolo Caracol tiene siempre a punto la inspiración para redondear los giros, para remachar con los clavos de su instinto de cantaor las más amplias acometidas de su fuelle para sostener la voz en el aire sin caída, en un volatín casi circense, amparándose siempre en sus fabulosas facultades, tanto físicas como sentimentales. Porque Caracol no es frío, ni académico, ni clasicista. Es el gladiador del cante que entra en él como en un circo romano, dispuesto siempre a la lucha con los duros leones de los duros de oído o flacos de sensibilidad… Manolo Caracol es la figura indiscutible de ese arte que se rompe y rasga en cuanto uno lo acomete sin autenticidad, hecho de aire, de ronquera, de desgarro, y que tan bien le sienta al hondo ahogo de esa voz que pasará a la historia».

Tico Medina: «Bastaba que abriera la voz ronca aquel hombre ancho -no del todo bien conocido por todos-, espléndido en la noche, amador de la vida y la amistad, para que, aunque fuera como un silbo vulnerado, como un alarido o como un suspiro, la carne iluminada del cante diera su fruto y su forma. Sabía romper el molde de todas las coplas. Cantó el folklore popular andaluz como nadie. Su Sarvaora -una mano levantada; la del anillo; la otra, en la pierna, a la altura militar de la raya del pantalón, está en las antologías de la copla del Pueblo, la que no se agota, ni se acaba>,. Agustín Gómez: «Caracol, al contrario que Mairena, no fue un luchador; buscó siempre la pendiente para dar curso a su caudaloso río. Prefirió el escenario del teatro al cuarto de cabales porque en su compleja personalidad artística había un actor que no podía callarse, un actor potenciado por su genio flamenco… Lo de Caracol para unos pocos, que pueden no ser los más entendidos pero sí los de más poder adquisitivo en cuanto a sensibilidad flamenca, los sibaritas de la buena mesa, los que prefieren el bocado exquisito dejándose en el plato la lechuginada que, en mesa de gran lujo, acostumbra a acompañarle».

Manuel Ríos Ruiz: «Es posible que Manolo Caracol sea la culminación de la dinastía cantaora más importante de la historia del flamenco, la que deviene de El Planeta y se engendra con el cruce de los descendientes de Curro Durse y El Gordo Viejo. Una sangre más destilada en lo flamenco no la hubo nunca y difícilmente será posible la repetición del fenómeno. Caracol, por lo tanto, llevaba el cante más en la sangre que en la cabeza. Su naturaleza espiritual y física no conocía otra fisiología que lo flamenco, De ahí que fuera su prototipo. Cantaba flamenco porque vivía en lo flamenco. Nunca tuvo que pensar en el cante, porque se creía el cante mismo. Todo lo había aprendido sin darse cuenta, sin saberlo, por ello lo asumió de forma tan natural que lo había olvidado y por tal causa lo improvisaba a cada tercio. De todo el cante de su ralea hizo el suyo sin esforzarse lo mis mínimo. Lo que pasa es que lo sentía tanto en su corazón que al plasmarlo tornaba el cante su figura. Por otra parte, su voz era la idílica para el cante. 0 sea, la voz que la imaginación popular había creado, la voz cantaora por excelencia. Y él la acompañaba con su porte. Ninguna otra presencia le ha prestado a una voz mejor espejo y sostén. Fue un intérprete que sin perder nunca de vista las lindes de su arte, supo traspasarlas y seguir siendo jondo, genuino y puro por los atributos de su genialidad. Su prematura retirada oficial, su pereza para competir y su inclinación por no complicarse la vida, privó a los aficionados de un posible contraste de sus maneras personales, pero legítimas, con la ortodoxia a ultranza, lo cual hubiera sido muy beneficioso para sacar conclusiones acerca de cuales son de verdad los intrínsecos valores del cante, si el academicismo o la inspiración; pues Manolo Caracol, aun en sus facetas de artista flamenco popular con sus zambras orquestadas, que tanto mal hicieron al cante, no por él, sino por la cantidad de malos imitadores que le salieron, dejó siempre en sus interpretaciones el matiz de la indudable jondura con el embrujo de su voz afillá. Junto a su frivolidad profesional -cuyos motivos tal vez puedan justificarse-, tuvo el gran mérito de ser personalísimo a la hora de cantar un repertorio sumamente amplío, hasta situarse fuera de discusión por tan discutido intencionadamente. A la hora de situar a Manolo Caracol en los anales del flamenco, habría que ponerlo junto a Silverio, don Antonio Chacón, Manuel Torre y Pepe Marchena, entre los Maestros y los genios. Ya escribí en un poema que “el cante era él y era una bomba”. Y la bomba estallará, porque conforme pase el tiempo más glorioso será su cante. Un cante tan heredado como original y eso es un caso que muy pocas veces se ha dado desde Tío Luis el de La Juliana hasta la fecha, pues para consumarlo hay que ser un genio. Caracol lo era».

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Luis Fernández Soto

Luis Fernández Soto, Luis El Zambo nasce nel 1949, nel cuore del gitanissimo e flamenchissimo barrio jerezano di Santiago. Nella sua famiglia si contano tantissimi cantaores, come Paco Laluz, Tío Juanichi, El Gloria, Tío Cabeza, Las Pompis, Luis Rincones, El Serna, Frijones, Terremoto, Sordera, etc.
Suo padre, Joaquín, ha una pescheria, e dà seguito ad un lavoro di tradizione familiare, che si accompagna con la tradizione del flamenco, come già era stato il caso del cantaor El Gloria, che apparteneva alla stessa famiglia. A soli 11 anni, Luis comincia a lavorare nel negozio di famiglia come apprendista.
Il soprannome El Zambo (che significa “dalle gambe storte”) gli viene dal padre, a cui era stato attribuito da suo zio Giti, che era il marito di Tia Anica la Piriñaca.
Luis El Zambo vive in un quartiere ed in una famiglia in cui il cante flamenco nace spontaneamente in qualunque occasione di festa. Purtroppo però a 27 anni perde suo padre, ed essendo il maggiore dei suoi fratelli debe prenderse cura económicamente di tutta la famiglia, fino a che riese ad aprirsi una propria pescheria.
Luis El Zambo è un cantaor flamenco professionista da molto poco tempo, benché nella sua città e negli ambienti del flamenco abbia da sempre goduto di ammirazione da parte di tutti per il suo personale modo di cantare e la sua maestria nel dominio del compás nei cantes di tradizione gitana.
In seguito alla sua partecipazione al disco “Cayos Reales-Los Juncales de Jerez”, nel 1998,  Luis, incoraggiato dai suoi concittadini, decide di dedicarse a tempo pieno al cante flamenco, che deviene la sua professione.
Incide un disco con la sua famiglia e partecipa come ospite a diversi dischi con altri musicisti, come Tomatito, Moraito Chico, Miguel Poveda, oltre a cantare in un disco dedicato alla XI edizione della Bienal de Flamenco di Sevilla.

Inizia ad esibirsi nei grande teatri, e il suo successi si fa concreto. Luis El Zambo fa parte di un gruppo di artisti che seguono un flamenco tradizionale, ortodoxo, basato sulla pura tradizione del cante gitano.

Cantaores di flamenco Luis Fernández Soto

Luis Fernández Soto

I suoi ultimi cd sono “Al compás de los Zambos” e  “Gloria Bendita”.
Il suo modo di cantare è molto gutturale, tipicamente jerezano. Sia nella voce che nel modo di comportarsi, Luis El Zambo è molto spontaneo, e non tiene presente l’opinione del pubblico. Canta con il piacere di farlo e per il piacere di farlo, come se stesse seduto in casa con gli amici, anche se si trova di fronte al pubblico di un grande teatro. Il senso del cante flamenco è quello di godere del piacere di ciò che canta, non di esibirlo, ed è ciò che probabilmente Luis ha fatto durante tutta la sua vita, quando il flamenco era per lui una grande passione ma non ancora una professione. Sul palco, ma anche fuori dal palco, nelle juergas, si diverte molto anche quando cantano gli altri, come è giusto che sia. Scherzo molto spontaneamente con il pubblico, come se fosse ad una riunione fra amici, e questo rende il suo cante ancora più fruibile: arriva a dichiarare al pubblico scherzando “Yo por bulerias no se cantar”.
I suoi quejios sono dei veri e propri lamenti. Esprimono la tristezza della vita, il dolore fatto cante. Anche le parole vengono pronunciate malissimo, e por Siguiriyas e Soleà Luis El Zambo pare non volerle usare come parole, ma come suoni di lamento.

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Julián Estrada https://mosaicoflamenco.com/julian-estrada/ Mon, 23 Jul 2018 16:34:03 +0000 https://mosaicoflamenco.com/?p=136 Julián Estrada Julián Estrada nasce a Puente Genil, Córdoba, nel 1968. Comincia a cantare all’età di 11 anni, prendendo lezioni da un aficionado della sua città, anche se la sua prima passione era la...

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Julián Estrada
Cantaores di flamenco Julián Estrada

Julián Estrada

Julián Estrada nasce a Puente Genil, Córdoba, nel 1968.
Comincia a cantare all’età di 11 anni, prendendo lezioni da un aficionado della sua città, anche se la sua prima passione era la chitarra.
Per la prima volta si esibisce su un palcoscenico a 14 anni. Ottiene il  primo premio di Cante Grande a Puente Genil e diviene professionista, cominciando  prendere parte a numerosi festival accanto a figure di primo piano.
Fra i premi che ha vinto ricordiamo:
•    La Torre del Cante di Alhaurín de la Torre.
•    Il Primeo Premio “Ciudad del Vino” di Valdepeñas.
•    Il Primo Premio por Soleá al Concorso Juan Talega di Pinto, Madrid.
•    Il Premio “Dolores la Parrala”, al Concurso Nacional de Arte Flamenco di Córdoba, XV Edición.
•    Il Premio “Cayetano Muriel”, Concurso Nacional de Arte Flamenco di Córdoba, XV Edición.
•    Il Premio Nacional de Saetas “La Trinitaria” di Málaga nel 1994.
•    Il Primo Premio Cantes de Levante di Mairena del Alcor.
•    Il Primo Premio “Volaera Flamenca” a Loja, Granada.
•    Il Primo Premio “Rincón Flamenco de Córdoba”.
•    Il Primo Premio “Estepona Cantaora”.
•    Il Primo Premio “Peña Flamenca La Soleá” di Nerja.
•    Il Primo Premio por Peteneras a Paterna de Rivera.
Con il suo primo cd, Julián Estrada ottiene il primo premio al Concurso de Cante flamenco di Valdepeñas “Ciudad del Vino”, nel 1994.
Da allora, pur essendo ancora molto giovane, viene invitato ai più importanti festival dedicati al flamenco in Andalucía, come quelli di Puente Genil, di Mairena del Alcor, di Ojén, di Montilla, di Benamejí, ecc.
Al tempo stesso si esibisce in moltissime Peñas Flamenche in Andalucía ed in altre región, quali Extremadura, Castilla La Mancha e Castilla y León.
Come cantaor è molto amato e rispettato, tanto che ci sono ben due Peñas a lui dedicatate, quella di Membrilla, Ciudad Real, e quella di Pedrera, Sevilla a Ciudad Real.
Il suo secondo cd, “Reflejo de luna y sal”, edito dalla Fonográficas del Sur (FODS Records), è stato presentato nel 1999 nel Teatro Circo di Puente Genil, Córdoba.
Nel 2000 si esibisce in tre teatri molto importanti, come il Teatro Central di Sevilla, l’Alhambra di Granada e il teatro principale di Zamora nell’ambito del circuito “Flamenco Viene del Sur”, ottenendo moltissimo successo.
Nel 2003 esce il suo cd “Un Mundo Nuevo”, sempre per la Fods Records.
La sua ultima opera discografica si intitola “Donde queda el puente”.
Attualmente non c’è un festival flamenco che non veda presente Julián Estrada, sia in Spagna che all’estero, soprattutto in Francia.
Gli sono state conferite onoreficenze come:
•    Targa d’Oro della Peña Flamenca Fosforito di Puente Genil.
•    Madroño Flamenco di Montellano.
•    Titolo di Ambasciatore della Ciudad del Vino di Valdepeñas.
•    Premio della rivista dedicata al flamenco El Olivo nel 2003.
Julián Estrada ha una voce tenorile molto gradevole, ricca di melismi e di sfumature che le conferiscono uno spessore espressivo.

Julián Estrada

Julián Estrada

Questa liricità   rende flamenca la voce di Julián Estrada, che con la sua qualità  molto limpida, è in realtà poco tipicamente flamenca.
Da qualche anno si esibisce accompagnato dal chitarrista Manuel Silveria, che permette al suo cante di esprimersi al meglio. Anche grazie alla collaborazione con Manuel Silveria, Julián Estrada sta raffinando il proprio gusto ritmico, soprattutto por tangos, proponiendo remates creativi a metà compas, che richiamano un olé spontaneo.
Con il passare degli anni, Julián Estrada si sta dirigendo verso una maggiore ricercatezza nei suoni e nei melismi, rimanendo sempre molto legato alla tradizione più verace del cante flamenco, soprattutto del cante della sua regione.
Come cantaor ha un repertorio molto ampio, e si esprime in moltissimi palos, giungendo a cantare in maniera eccellente persino la Minera.
Nei palos festeros lavora molto bene con i volumi creando il giusto pathos e manteniendo viva l’attenzione del pubblico, sempre con il gusto cordobés di smorzare il volume nei finali, anche nella letra di macho, per ottenere un effetto di brillantezza di suono ma senza esagerare: usa la potenza della sua voce, ma mai in modo sguaiato.
Il cante di Julián Estrada comunque si esprime al meglio in assoluto nei fandangos, tipici della sua zona di origine, e infatti spesso nei festival il pubblico gli chiede di cantare fandango senza microfono, proprio per apprezzarne la qualità.
Se si può dire di un artista già completo da anni che sta crescendo artisticamente, ebbene, lo diremo di Julián Estrada. Ascoltarlo in concerto è sempre un vero piacere.

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