La terra del Flamenco

Andalucia

 

Almería

Per molti secoli, questa provincia dal paesaggio brullo e dai sistemi montuosi aridi interrotti da piane rocciose fu considerata “el culo de España”. Solamente a partire dagli anni sessanta, grazie al numero sempre più elevato di turisti e a coltivazioni estensive, il quadro generale ha iniziato a mutare. Fu infatti in quell’epoca che vennero costruiti numerosi villaggi turistici, mentre per le coltivazioni si utilizzarono metodi più moderni tanto che spesso i tratti di costa ci appaiono nascosti sotto teli di plastica, dove giungono a maturazione  frutta e verdura che negli ultimi anni hanno invaso il mercato europeo.
Il capoluogo della provincia, di scarso interesse culturale, viene per lo più visto come stazione di transito. Ma la prima impressione è quanto mai sbagliata e ingannevole, poiché Almería è una delle città più antiche d’Europa e vanta uno splendido passato. Molto prima infatti che Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani sfruttassero il Portus Magnus -il golfo di Almería-, qui si svilupparono culture preistoriche che hanno dato il proprio nome a intere epoche; come l’insediamento di Los Millares, dove più di 4000 anni fa si lavorava già il metallo. I ricchi giacimenti minerari furono alla base dello sviluppo dell’insediamento di El Agrar, sulle rive dell’Antas, risalente all’Età del Bronzo. Il periodo di massimo splendore della città risale comunque al X secolo, sotto il Califfato di Córdoba. In origine al-Mariya era un piccolo insediamento intorno alla torre di guardia, la cui importanza, peraltro scarsa, si basava sul fatto di essere a difesa del porto di Bayyana, l’attuale Pechina, che nel IX secolo era una potenza marittima prospera e indipendente. Abd-ar-Rahman III elesse invece la città, il cui nome significa “specchio del mare”, a capitale del distretto. Dopo la caduta dell’impero Omayyade Almería divenne nell’XI secolo la sede di uno tra i più potenti regni taifa di tutta l’Andalusia, al quale in fasi diverse appartennero anche Córdoba, Murcia, Jaén e parti di Granada. Seppur per breve tempo, pare anche che fu tra i più vivaci nodi commerciali di tutta la Spagna. Dalla metà del XIII secolo Almería fu inglobata nel regno dei Nasridi di Granada fino a quando, senza combattere, si consegnò ai re cattolici. In questo modo le vennero risparmiati saccheggi e distruzioni, ma il 22 settembre 1522 fu colpita da un gravissimo terremoto, che ridusse in cenere interi quartieri. A questo ne seguirono altri nel XVI e nel XVII secolo, che portarono nuove distruzioni che decimarono la popolazione. tanto che Almería per secoli ebbe a soffrire di uno stato di estrema povertà.
Solo con l’edificazione di un nuovo porto, nel 1847, si ebbe un certo miglioramento economico, che spiega anche il volto decisamente moderno della città. Solamente le stradine tortuose nella parte vecchia ricordano il suo splendido passato moresco.

 

Cádiz 

Sin dalle origini, la provincia di Cadice ha avuto un ruolo di primo piano nella storia dell’intera penisola iberica grazie alla sua straordinaria posizione goegrafica. Al confine tra atlantico e mediterraneo questa regione si slancia in mare formando un triangolo appuntito, vera e propria testa di ponte verso l’africa, esattamente dove Eracle avrebbe eretto le proprie colonne: il monte Moussa, per gli africani e la rocca di Gibilterra per gli europei. Qui, secondo Platone, si trovava il leggendario regno di Atlantide, che forse è da ricollegare all’antico regno di Tartesso, alla foce del Guadalquivir. Intorno al 1100 a.c. i Fenici fondarono su uno sperone roccioso sul mare Gadir, l’odierna Cadice, la città più antica d’Europa. Gadir fu poi conquistata dai Romani, che la ribattezzarono Gades, e divenne la prima città dedita al commercio marittimo dell’impero, da dove partivano per Roma argento e rame, vino e lana. Gades possedeva il monopolio per il pesce sotto sale ed era nota per un particolare articolo da esportazione, le graziose “puellae Gaditanae” molto richieste dai Romani come ballerine durante le feste. Secoli dopo, la città avrebbe conosciuto una nuova età dell’oro, quando tolse nel 1717 a Siviglia il monopolio per i commerci d’Oltremare. Cadice entra nella storia anche per essere stata a lungo un vero e proprio faro per tutti i liberali, poiché fu proprio qui, nel 1812, che venne emanata la prima costituzione liberale d’Europa durante la guerra di liberazione spagnola. Ma sono ancora molti gli episodi che hanno fatto entrare Cadice nella storia: a Tarifa iniziò infatti l’invasione dei conquistatori mori, che nel 710 sbarcarono per la prima volta nella città più meridionale della Spagna; da allora la città reca il nome del comandante berbero Tarif. Da Sanlúcar de Barrameda Colombo partì nel 1498 per la terza delle sue esplorazioni, mentre Magellano da qui iniziò la sua circumnavigazione. Dai tempi della guerra di successione spagnola, un piccolo lembo inglese si è insediato a Gibilterra, e a Capo Trafalgar Lord Nelson ottenne nel 1805 la
sua più celebre vittoria. Ma accanto a tanta storia, Cadice ha molto da offrire anche da un punto di vista paesaggistico: la celebre zona di produzione vinicola tra Jerez, Sanlúcar de Barrameda ed El Puerto de Santa María. ma anche i giganteschi pascoli da Medína Sidonia fino a Jimena de la Frontera, il parco naturale di Sierra de Grazalema, con una ricchissima varietà di flora, e i pittoreschi pueblos blancos, i villaggi bianchi del triangolo Cadice-Tarifa-Ronda, che si stagliano candidi contro lo sfondo scuro delle catene montuose.

La Provincia di Córdoba

Ai piedi della Sierra Morena, divisa in due parti dal corso del Guadalquivir, si estende la provincia di Córdoba: il fiume separa la zona montuosa, a nord, dalla Campiña, a sud, che è una zona collinare con campi fertili. Fulcro della regione è il suo capoluogo, un tempo celebre come residenza del califfato e meccca delle scienze, vera e propria metropoli dell’lslam accanto a Baghdad. La poetessa tedesca Roswitha von Gandersheim lodò nel X secolo come “ornamento del mondo” la città di Córdoba, il cui centro era all’epoca formato dalla Medina con la grande moschea. Ancor oggi, passeggiando nel centro storico, si può percepire l’importanza della vivace città moresca, anche se di primo acchito, con i suoi circa trecentomila abitanti, potrebbe sembrare provinciale al cospetto delle altre celebri città andaluse, Siviglia e Granada.
Del passato glorioso non si è conservato molto, ma i pochi resti sono straordinariamente importanti e unici in tutto il panorama europeo.

La storia di Córdoba inizia con i Fenici, sotto il cui dominio la città avrebbe assunto una grande importanza economica. All’incirca a partire dal 200 a.C. passò sotto il dominio romano, e con Augusto Córdoba venne nominata capoluogo della provincia romana della Baetica, fino a quando fu soppiantata da Hispalis (Siviglia), nel IV secolo. Qui nacquero celebri poeti e filosofi romani, come Seneca e Lucano. Dopo essere stata conquistata dai Visigoti, nel VI secolo, la città divenne sede vescovile, ma il suo vero periodo di fioritura iniziò quando Abd ar-Rahman la tramutò nella capitale del suo emirato, nel 756. Non solo fece portare a Córdoba melograni e palme da dattero, ma pose anche la prima pietra per lo splendido sviluppo dell’architettura e dell’arte araba. Sotto ar-Rahman ed i suoi successori si avviò un’intensa attività edilizia, grazie alla quale la città divenne un centro di rappresentanza durante il regno degli omayyadi. Con Abd ar-Rahman III Córdoba divenne la città più importante del Mediterraneo, con più di 300 moschee, 300 bagni pubblici, 50 ospedali, 80 scuole e 20 biblioteche pubbliche, 17 scuole superiori. Purtroppo, la caduta del califfato portò con se anche il crollo della metropoli: già nel 1013 alcune truppe berbere fanatiche distrussero la sfarzosa città reale di Medina az-Zahara, e nel 1031 Córdoba divenne la sede di uno dei numerosi regni Taifa. Nel XII secolo visse ancora un periodo di fioritura spirituale, i filosofi Maimonide e Averroé sono sicuramente i più celebri rappresentanti di quest’epoca, fino a quando nel 1236, con Ferdinando III, in città entrò un reggente cristiano. Con la riconquista della città, si avviò una massiccia immigrazione dal Nord castigliano, e Córdoba divenne un importante centro per il commercio di sete e tessuti di cotone. Ma la cacciata delle popolazioni more ed ebree, la crisi economica del XVI secolo, l’epidemia di peste e le rivolte del XVII secolo offuscarono lo splendore originario.

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