Le radici del Flamenco

Andalucia

Granada

“Chi non ha visto Granada, non ha visto nulla”: così recita un noto detto spagnolo. E in effetti il capoluogo dominato dall’Alhambra, uno dei più visitati edifici al mondo, caratterizza l’intero aspetto di questa provincia andalusa come nessun altro. In realtà, anche il territorio circostante ha il suo fascino: la Sierra Nevada con le cime imbiancate, che in vaste aree è stata proclamata riserva naturale, consente memorabili escursioni. Nelle propaggini meridionali della Sierra si fonde il fertile territorio montano delle Alpujarras, che fu l’ultimo rifugio dei Mori scacciati da Granada. La Costa tropical, il tratto più orientale della Costa del Sol, dove crescono frutti esotici come la papaia e l’avocado, ha conservato ancor oggi una parte della sua eredità moresca. Sì, anche qui il turismo ha imposto il proprio tributo, ma a paragone della parte occidentale della Costa del Sol qui si trovano ancora località dimenticate dal turismo di massa, dove sono per lo più i locali a soggiornarvi per le vacanze. Altra meta d’escursione è Guadix, una cittadina posta sull’antica Via Augusta, dove quasi un quinto della popolazione abita in grotte intonacate.
La bellezza e la grazia di Granada sono state lodate spesso: e in effetti molto alte sono anche le attese di chi vi giunge, attese tuttavia all’arrivo smorzate dal triste impatto con i casermoni della periferia. La prima impressione è in linea di massima
deludente: Granada è rumorosa, la qualità dell’aria è pessima, le strade sono intasate… ci vuole tempo per comprendere la descrizione sicuramente più azzeccata di questo luogo: “Quando per le strade di Granada incontri un cieco che chiede l’elemosina, dagliene il doppio, perché è ancor più triste non poter vedere tutta questa bellezza”. Posta ai margini della fertile Vega del Rio Geníl, il cui affluente Darro spartisce i due colli del Sacromonte e dell’Albaicín dall’Alhambra, Granada non si schiude al primo incontro. Solo lentamente si possono percepire le numerose bellezze della città: si viene ripagati anche solamente dalla incomparabile vista dei singoli quartieri residenziali circondati dai colli e dai monti della Sierra Nevada sullo sfondo, che muta continuamente, di ora in ora, di stagione in stagione.
Oggigiorno Granada non è solamente un centro turistico, ma una moderna città universitaria ed il centro intellettuale più vivace dell’intera Andalusia. L’università, fondata nel 1531 da Carlo V, i cui edifici si trovano nel centro cittadino, è la terza per importanza di tutta la Spagna. Ma Granada è soprattutto forgiata dal suo passato moresco. Qui infatti, a differenza di quanto avvenne nella maggior parte delle città andaluse, Iberici, Romani e Visigoti ebbero un ruolo solo secondario. Quando i Berberi giunsero nel 711 al Rio Darro, si imbatterono in una comunità giudaica di nome Garnatha Alyehud, da cui potrebbe derivare il nome della città. Ma forse la sua denominazione va ricondotta alla particolare disposizione delle case, così strette l’una all’altra da ricordare i chicchi di una melagrana. Solamente nell’Xl secolo iI piccolo insediamento divenne una città di una qualche importanza. Dopo la caduta del califfato, la dinastia berbera degli Ziridi vi fondò un regno Taifa; risale all’epoca la costruzione di una prima residenza sul colle più alto della città. Nei centocinquanta anni che seguirono, Granada fu coinvolta nelle guerre che videro contrapposti Almoravidi e Almohadi. Nel 1227 venne fatto un ulteriore ampliamento, in quanto qui, per la precisione sull’Albaicín, trovarono rifugio i Mori sfuggiti alla conquista di Baeza da parte di Ferdinando III. L’anno 1238 segna il punto di svolta nella storia cittadina: mentre i cristiani conquistavano uno dopo l’altro i piccoli regni Taifa andalusi, il Nasride Muhammad I si ribellò alla potenza cristiana. Nel 1237 entrò in Granada e soltanto un anno dopo poté annettere al proprio regno anche Almería e Málaga. Come capitale fu scelta Granada. Il Nasride possedeva sicuramente abilità politica: non solo mantenne quindi ottimi rapporti con i principi berberi dell’Africa settentrionale, ma riconobbe anche la sovranità di Castiglia, impegnandosi al versamento regolare di tributi e forze militari. Quale controparte gli fu promessa un’area che più o meno corrisponde alle attuali province di Granada, Almería e Málaga. Combatté persino nella fazione cristiana contro i propri fratelli di culto e probabilmente prese parte nel 1248 alla conquista di Siviglia. Quando, dopo la caduta della città, al ritorno a Granada fu accolto da ovazioni e grida di gioia, si limitò a rispondere: “Non c’è altro vincitore al di fuori di Allah” questo sarebbe da quel momento diventato il motto della dinastia nasride.
Il loro potere durò per ben 250 anni, durante i quali Granada visse un periodo di grande prosperità economica, presumibilmente l’ultimo momento di grandiosa fioritura dell’arte e della cultura islamica in territorio spagnolo. Un ingegnoso sistema di irrigazione favoriva l’agricoltura, le miniere davano oro, argento e rame, l’industria della seta stava prendendo piede, l’artigianato era fiorente e numerosi mercanti cristiani e musulmani avevano dato vita a un commercio vivace. Ben presto divenne il rifugio prediletto di quei Mori che erano stati scacciati dalle proprie case, tanto che il numero della popolazione raggiunse in breve tempo le quattrocentomila unità. La città poteva inoltre contare su scuole e ospedali, una zecca e l’università, e sul colle più elevato, dietro l’Alcazaba, venne costruita una delle residenze più ricche e sfarzose del mondo occidentale.
Nel corso del xv secolo l’accordo con i re cristiani ebbe fine. Attraverso l’unificazione di Castiglia e Aragona, nel 1469, si raggiunse nella fazione cristiana una nuova unità. Quando Muley Abu Hassan, padre dell’ultimo signore, Boabdil, si rifiutò nel 1478 di pagare il tributo ai re cattolici, e nel 1481 cadde Azahara, città di confine, iniziò la più che decennale conquista dell’ultimo bastione moresco in terra di Spagna. Battaglia dopo battaglia, marcia dopo marcia i cristiani conquistarono città e villaggi del regno nasride, fino a quando Boabdil fu costretto a cedere, senza ingaggiar battaglia, l’assediata Granada. Era il 2 gennaio del 1492. All’inizio, nel trattato di capitolazione venne garantito ai musulmani di mantenere la lingua, la libertà di culto e la propria giurisdizione. Ormai Ferdinando e Isabella avevano coronato il proprio sogno: la Spagna era unificata politicamente. Granada venne arricchita da importanti edifici di rappresentanza che celebravano la Reconquista. Ma ben presto le promesse fatte non furono più mantenute. Usi e costumi musulmani furono vietati, la popolazione mora privata del diritto di voto e costretta a battezzarsi, altrimenti avrebbe dovuto abbandonare il paese. In seguito i Moriscos, come vennero chiamati i Mori che, seppur quasi esclusivamente per motivi di apparenza, si erano convertiti al cattolicesimo, organizzarono delle rivolte, fino a quando Filippo II, nel 1609, ordinò che venissero cacciati promulgando un editto reale. Così agricoltura, artigianato e commercio declinarono e Granada perse di colpo gran parte dello sviluppo. Dovevano passare almeno due secoli, prima che Washington Irving pubblicasse nel 1832 i suoi racconti di viaggio spagnoli nella raccolta “L’Alhambra” e i pittori romantici scoprissero il motivo orientaleggiante della celebre Rocca Rossa facendo così risvegliare l’interesse pubblico per l’Alhambra.

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